In questa seconda edizione per i tipi della Onyx Editrice è stata aggiunta sia la testimonianza di Augusto Gro, sia l’intervento sulla storia del territorio a cura di G.Giannini, P.Grella, A.Palumbo, che arricchiscono il libro e lo completano, radicandolo nel terreno d’origine. Nell'aprile del 2005, l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ha consegnato al quartiere Quadraro una medaglia d'oro al merito civile. Nelle centonovantotto microcittà delle quali è composta Roma, il Quadraro si pone come un “paese nella città” e ricco di una sua importante storia idro-geologica, archeologica, urbanistica, ambientale, sociale e resistenziale infine, che aspira ad essere maggiormente conosciuta, così come gli autori faranno sentire “come questi luoghi fossero gli unici a Roma dove si respirava, nonostante tutto, un’atmosfera di effettiva libertà”, con le significative voci delle periferie romane come partecipazione di massa che non si sottomettevano alla violenza ma vi si opponevano ma anche percepire quel respiro verde che tutt’oggi lo percorre, dal Parco degli Acquedotti alle molte vie del quartiere con il nome di personaggi illustri e mitici della storia naturalistica e dell’agricoltura...
Carla Guidi, scrittrice e giornalista, si occupa da anni di memoria storica ed ambientalismo. Sul suo sito si possono trovare note sulla sua attività letteraria e un archivio degli articoli e delle pubblicazioni. [http://www.carlaguidi-oikoslogos.it/]
Dalla “presentazione al libro” di Aldo Pavia (...) Carla Guidi ha voluto ritrovare le radici del Quadraro, attraverso la storia dei suoi abitanti. Lo ha fatto scegliendo di riportare alla luce quella pagina che porta la data, nel diario romano, del 17 aprile 1944. Nel suo libro, si è messa al fianco di Sisto Quaranta, il più accanito dei testimoni, il più determinato nel volere che la sua memoria fosse radicata memoria del quartiere, e con lui ha ripercorso i giorni, le ore, i momenti drammatici di una avventura umana che non può e non deve essere dimenticata. Una memoria che deve essere assolutamente di tutta la città. Che il libro di Carla Guidi fosse necessario, lo dimostra che ora viene ristampato. E la ristampa, nel mondo editoriale, è anche sicuro segnale di successo. Ma non è una pura ristampa, è una nuova edizione. Più articolata, più ricca, ancor più puntuale. Una nuova edizione che appare integrata ed arricchita di nuovi, importantissimi contributi. A Giorgio Giannini, cui si devono più pubblicazioni sulla storia romana negli anni del fascismo e della Resistenza, si deve un saggio cronologico che permette di seguire, momento per momento, i giorni ed i fatti che contrassegnarono l’VIII zona di Roma, quella che comprendeva il territorio tra la Casilina e la Tuscolana..(...) Era necessaria, e a buon ragione, una più puntuale conoscenza del Quadraro e della sua storia, nei vari aspetti che un insediamento urbano, una “città nella città” presenta nei suoi passaggi temporali, nelle sue trasformazioni urbanistiche, sociali, culturali. Di questa parte si è fatto carico Pasquale Grella, con una ricchezza di notizie, di riflessioni che ne fanno una lettura fortemente stimolante. Poi un “tesoro” per tutti coloro che amano costruire la propria memoria, usando come mattoni le parole, i ricordi dei testimoni, di coloro che hanno ancora voce e volontà di rivivere, per tutti noi, vicende che non si ricordano certo con felicità. Parlo della testimonianza di Augusto Gro.(...) Quella di Gro non ci offre solo la ricostruzione delle ore del rastrellamento e i lunghi giorni della prigionia e del lavoro forzato nel Reich, ma ci fa conoscere i momenti caotici della vita di un giovane sotto le armi l’8 settembre 1943. Nonostante l’incertezza, la confusione, la decisione di tanti giovani, lasciati allo sbando, di opporsi ai tedeschi, di difendere ciò che si poteva difendere. (...) Infine una scoperta: quella che ci regala il contributo di Antimo Palumbo. Ci insegna un modo nuovo, inaspettato credo ai più, di guardare il luogo in cui si vive. Guardare e scoprire il “Quadraro verde”. Credo che le sue pagine saranno lette con curiosità ed anche un poco di stupore. Se vorremo seguire l’itinerario da lui tracciato, ci accorgeremo che finora abbiamo solo “visto” ma non “guardato”.
(...)
L'introduzione di Carla Guidi
In quel periodo stavo anche scrivendo un altro mio libro sulla memoria “Un ragazzo chiamato Anzio”, lavoravo quindi in sinergia con Alfredo Rinaldi che, appena dodicenne, aveva attraversato la linea del fronte per unirsi all’esercito degli alleati, scappato da casa nel marzo del 1944 per incontrare questi americani (che immaginava essere come nei film western) che non si decidevano ad arrivare a Roma... L’idea iniziale era di unire le due testimonianze, poi mi è sembrato giusto lasciare più spazio a due diverse pubblicazioni, anche per approfondire la conoscenza di questo quartiere e chiedere a Sisto di non limitarsi a descrivere solo l’avvenimento drammatico, ma di far partecipare i lettori alla vita stessa della popolazione, dai primi anni della sua infanzia durante il fascismo fino alla deportazione, per poterlo seguire anche durante la prigionia ed il riscatto (quando anche Sisto collaborò con l’esercito americano come meccanico) tornare con lui a casa finalmente, con i suoi compagni di prigionia, quando a bordo del tranvetto della Stefer, avevano anche rischiato di pagare la multa per non avere biglietto.
Credo fermamente che non solo siano le informazioni sui grandi eventi a darci la percezione di un’epoca, ma la descrizione dei piccoli indizi, le sottili psicologiche pressioni di un regime sulla scuola e di conseguenza sui bambini, attraverso i tradizionali educatori, scolastici o familiari, che non osavano o non potevano comunicare la verità, la qualità dei rapporti sociali in un determinato momento storico (più o meno esemplari) a farci sentire un’atmosfera, un modo di essere e di vivere, per una forte identificazione con chi narra.
Ho voluto citare Don Lorenzo Milani, mio conterraneo, per ribadire che il lavoro dell’educazione, o dell’auto-educazione, non si è ancora concluso per il genere umano, né qui, né altrove, dove ancora esistono baraccamenti e differenze umilianti tra cittadini, nel passato come nel presente. Con lui vorrei ancora dire “I care”, “m'importa, ho a cuore” (in dichiarata contrapposizione al “me ne frego” fascista o del più attuale “non è un problema mio”).
Sento anche il dovere di citare il noto libro di Rosario Bentivegna “Achtung banditen!” (Mursia Editore) soprattutto per quanto riguarda i capitoli dal diciassettesimo (dal significativo titolo - “Centocelle, borgata di uomini liberi”) - fino al ventunesimo dove lo stesso Rosario, dopo lo sbarco di Anzio, fu inviato nell’8° Zona dal suo Comando Militare (Brigate Garibaldi, GAP Centrali Garibaldini) insieme ad altri compagni della sua formazione (GAP Pisacane) a rinforzare le strutture dirigenti e combattenti locali che - si sperava – avrebbero potuto portare un contributo consistente ad un eventuale possibile sfondamento degli Alleati, già attestati ad Anzio. In questi capitoli infatti, il lettore troverà, espresse dalla viva voce di un protagonista, la descrizione di luoghi che, sia pure per poche settimane, furono gli unici a Roma dove si respirava, nonostante tutto, un’atmosfera di effettiva libertà; oltre a percepire le significative voci di quel quadro delle periferie romane e di quella "lotta di popolo", come partecipazione di massa, (soprattutto Torpignattara, Centocelle, Quarticciolo, Borgata Gordiani, Borgata Alessandrina, Villaggio Breda, Quadraro, Casilina, Acqua Bulicante, Mandrione) di una vera resistenza di base che io, e Pasquale Grella nel suo contributo “Il Quadraro ovvero – la città nella città” (che ha fatto addirittura una storia dell’immigrazione a Roma, delle borgate e dell’edilizia popolare) abbiamo cercato di descrivere su altri fronti.
Rosario Bentivegna, allora studente di medicina, descrive anche importanti situazioni ai fini resistenziali, i militari nascosti dalla popolazione (e da questa armati) i rapporti con la “polizia” e perfino i rapporti con elementi che non avevano avuto il coraggio di schierarsi apertamente, ma che appoggiavano in ogni modo i partigiani (perfino aderenti alle formazioni repubblichine che prestavano le loro armi la notte, per riprenderle al mattino seguente). Da lui sappiamo anche che, dopo l'evidente fallimento dello sbarco alleato ad Anzio, dopo la caduta della zona libera di Centocelle il 4 marzo 1944 (quando furono arrestati parecchi membri della Resistenza ed altri deportati) dopo la straordinaria azione della battaglia del Monte Tancia (occorsa il 7 aprile, alla quale parteciparono i compagni di Torpignattara) tutta l'8° Zona rimase sul fronte della Resistenza, malgrado le dure perdite subite, fino al momento della liberazione di Roma, quando a Torpignattara cadde, alle 17 del 5 giugno, l'ultimo caduto partigiano di Roma, Pietro Principato, sotto i colpi di un cecchino fascista.
Durante le manifestazioni del 2004, quando questo mio libro è stato pubblicato, mi ha avvicinato un altro ex deportato, Augusto Gro, un uomo di una grandissima simpatia, sempre sorridente e positivo, nonostante gli acciacchi. Avendomi manifestato la volontà di testimoniare la sua esperienza, mi aveva invitato a casa sua, offrendomi il caffé più buono che io abbia mai bevuto. Aveva già una caffettiera napoletana preparata in cucina, preannunciando che quello era l’unico caffé giornaliero che il medico gli aveva concesso, aveva aspettato me per gustarlo... Leggendo il suo racconto, ci si rende subito conto di quanto il suo spirito ed il suo coraggio lo abbiano aiutato a metabolizzare un’avventura così distruttiva, non perdendo occasione per manifestare la sua voglia di vivere, attraverso la creatività e la generosità. Purtroppo in questo arco di tempo trascorso, Augusto Gro ci ha lasciato, ma sono felice di adempiere ora alla promessa fatta, a lui e poi al figlio, che con grande emozione, ha dedicato al padre una lettera significativa, in calce al racconto.
In accordo con Sisto, voglio esprimere con questo libro la volontà di trasmettere una memoria che non rimanga nel cassetto, ma arricchisca di esperienza e spinga verso progetti di auspicabile progresso dell’umanità, soprattutto nel senso del rispetto della persona e dell’effettivo miglioramento dello stile di vita. A questo fine, nella ristampa, ho invitato alcuni amici a dare il loro prezioso contributo, anche attraverso una memoria ecologica e di vera “convivenza con le creature verdi” che mitigano l’aria velenosa e puzzolente delle nostre città, creature miti e generose che ci regalano la loro bellezza ed il loro profumo, a volte parte indispensabile alla nostra cura, sia nella fitoterapia che nel semplice contatto visivo che solo recupera quella “sintonia” che abbiamo perso e della quale abbiamo estremamente bisogno. Antimo Palumbo, scrittore e storico degli alberi, per molti non ha bisogno di presentazione. Con grande passione infatti, si dedica da anni ad organizzare conferenze e sopralluoghi culturali nelle principali aree verdi di Roma, presentandoci gli antichi, silenziosi e, direi, preziosi abitanti di questa città, miracolosamente sopravvissuti a due guerre mondiali ed alle aggressioni sistematiche di superficiali ed ottuse maleducazioni culturali.
Un’altra possibile lettura del territorio è rappresentata dalla sua conformazione idrogeologica, urbanistica, archeologica e dai segni visibili ed invisibili delle varie umanità che l’hanno manipolata ed abitata fin dalla preistoria. Pasquale Grella aiuterà il lettore in questo percorso, a conoscere profondamente questo territorio (che abita inconsapevolmente o semplicemente attraversa) lasciandogli, non più una sensazione di estraneità, ma un sentimento partecipativo e di consapevolezza. Non quel sentimento di imbarazzo, precarietà e sottile nostalgia che ho provato io stessa, vedendo per la prima volta tutte queste antiche rovine, rosicchiate come torsoli di mela, che ancora spuntavano qua e là in mezzo ad un’urbanizzazione ed un traffico indiavolato, forse in attesa che si disfacessero completamente per essere sostituite da parcheggi e supermercati... Ma anche solitarie ed emblematiche, in mezzo ai prati che circondano l’area del Parco degli Acquedotti, (Parco Regionale dell’Appia Antica) verdissimi in primavera, coperti di papaveri in estate, di bianca brina nelle mattine invernali, territori dove ancora nidificano uccelli e corrono animali selvatici come volpi e scoiattoli, dove si sono stabilite colonie esotiche di pappagallini (il Parrocchetto dal Collare, che proviene dall´Asia minore, ed il Parrocchetto Monaco, sudamericano) dove ancora volano le lucciole nelle fresche sere di giugno...Un pezzo di campagna in città, in questo caso “salvato” dalla residua autorità degli ultimi brandelli di Storia.
Memorie del Quadraro e del rastrellamento del 17 aprile 1944 (scheda storica dal portale StoriaXXIsecolo.it)
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