di Giovanni Pantano
Era l’alba del 29 settembre del 1943. Avevo compiuto appena 14 anni essendo nato a Marianella (NA) il 14 aprile 1929. Erano le ore 6 del mattino e transitavo per via S. Teresa degli Scalzi a Napoli per raggiungere il posto di lavoro (ero apprendista in un calzaturificio, proprietario era il sig. Umberto Verde) sito in via Costantinopoli.
D’improvviso sentii dei colpi d’arma da fuoco, mi girai e notai tre corpi senza vita all’ingresso di un panificio: una giovane donna, un uomo e un bambino, diressi lo sguardo dall’altra parte della strada e notai una camionetta tedesca che si allontanava. Fu questo l’evento e il motivo scatenante della mia partecipazione alla lotta partigiana che era iniziata da poche ore.
Avrei moltissimi episodi da raccontare ma mi limito a descriverne uno solo per tutti. La sera di quel giorno, contro il parere di mia madre e mio padre, mi unii agli insorti che operavano al Frullone, zona a nord di Napoli, con a capo il celebre ragazzino Gennaro Capuozzo, poi morto combattendo e decorato di Medaglia d’Oro. Dormivamo nelle campagne circostanti scavando delle buche. Il mattino seguente sapemmo che un plotone di tedeschi aveva appena fucilato a Mugnano (paese dell’entroterra) dieci persone tra cui tre donne e tre bambini.
Ci appostammo dietro a dei blocchi di cemento sulla strada tra Frullone e Marianella e attendemmo che passassero i tedeschi di cui sopra. Da lontano scorgemmo una camionetta che si avvicinava e vedemmo che al centro di essa vi era una mitragliatrice, la facemmo avvicinare il più possibile e al momento giusto scaricammo tutta la nostra rabbia con le armi. Io ero addetto al lancio di bombe a mano “Balilla”.
Ricordo ancora che il militare che era alla mitragliatrice stava mangiando lo zucchero con un cucchiaino di latta da un barattolo. La camionetta continuò la corsa e si fermò al bivio, noi però, siccome dovevamo sorprendere l’autocarro che trasportava il plotone e che stava per giungere al posto di blocco, deviammo la camionetta spingendola per levarla dalla strada e la incendiammo.
L’autocarro con i fucilieri arrivò all’appuntamento e li facemmo prigionieri tutti. Sulla camionetta erano in tre: il comandante che aveva ordinato la strage, l’autista e il mitragliere.
Umiliare, noi ragazzini, i tedeschi fu un po’ la nostra vendetta.
(Patria Indipendente, n. 4, aprile 2011, p. 25 )
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