mercoledì 19 ottobre 2011

La propaganda fascista nei lager e il coraggioso “no” degli IMI

di Mario Avagliano e Marco Palmieri

La storiografia più recente è definitivamente approdata alla conclusione che il rifiuto dei 650.000 Italienische Militärinternierten (Internati Militari Italiani) di continuare a combattere al fianco dei nazisti e di aderire alla Repubblica fascista di Salò dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu a tutti gli effetti una scelta di Resistenza, che contribuì sul piano militare e politico alla Guerra di Liberazione. Una scelta pagata a duro prezzo, visto che essi andarono volontariamente incontro a venti mesi di prigionia e lavoro coatto nei Lager del Terzo Reich, non di rado perdendo la vita a causa degli stenti, del freddo, delle malattie, delle torture.

La proposta di adesione venne sottoposta ai militari italiani in diversi momenti e con differenti modalità (si registrarono anche casi eccezionali di soldati che non la ricevettero per niente). La prima volta fu subito dopo il disarmo, direttamente sul luogo della cattura. Quindi venne ribadita loro al momento dell’arrivo nei Lager, dopo il trasporto di massa sui carri-bestiame, di norma con la richiesta di apporre la firma su moduli prestampati con questa formula: «Aderisco all’Idea repubblicana dell’Italia repubblicana e fascista e mi dichiaro volontariamente pronto a combattere con le armi nel costituendo nuovo esercito italiano del Duce, senza riserva, anche sotto il Comando Supremo tedesco, contro il comune nemico dell’Italia repubblicana fascista del Duce e del Grande Reich Germanico».

Leggi l'articolo completo su Patria Indipendente (n. 8, 25 settembre 2011),

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