lunedì 9 gennaio 2012

Partigiani e combattenti ebrei: tanti gli eroi e i massacrati


di Mario Avagliano

La maggior parte degli italiani si disamorò del fascismo e di Mussolini solo negli anni della guerra, tra il 1940 e il 1943. Per gli ebrei, invece, anche quelli convintamente fascisti, il momento del distacco avvenne un po' prima, già nel 1938, a seguito delle leggi razziali, che svelarono ai loro occhi la vera natura del regime, anche se non ne scalfirono il forte attaccamento alla patria, che aveva solide radici nella partecipazione alle lotte del Risorgimento.

L’allontanamento anticipato dal fascismo e le persecuzioni subite fecero sì che, all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943 e dell'occupazione di oltre mezza Italia da parte dei tedeschi, gli ebrei furono tra i primi ad arruolarsi nelle file partigiane, salendo in montagna o aderendo ai gap e alle bande cittadine. Già il 9 settembre 1943 il torinese Emanuele Artom annotava nel suo diario, ristampato di recente (Bollati Boringhieri, a cura di Guri Schwartz): «La radio tedesca annunzia che verranno a vendicare Mussolini. Così bisogna arruolarsi nelle forze dei partiti e io mi sono già iscritto». Tra i combattenti romani a Porta San Paolo e nelle altre zone della città poste sotto assedio dai tedeschi il 9 e 10 settembre, vi era anche un gruppo di ebrei del Ghetto, guidato da Elena di Porto. A Napoli, durante le Quattro Giornate che portarono alla liberazione della città, fra i rivoltosi vi erano diversi ebrei, come Bettino Voghera, Osvaldo Tesoro, Ferruccio Ara e Mosè De Fez (come risulta dal fondo Moscati presso l’Insmli). Tra l’altro la ribellione della popolazione napoletana evitò la retata della comunità ebraica cittadina, già progettata dai tedeschi.

Leggi l’articolo su Patria Indipendente, n. 10, dicembre 2011


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