di Mario Avagliano
Presunti. Anzi, falsi. Il giallo sull'autenticità dei Diari di Mussolini pubblicati da Bompiani e a ruota dal quotidiano “Libero” - che restituiscono un’immagine inedita e surreale di Benito Mussolini, nemico di Hitler e dei tedeschi, contrario alla guerra e alle leggi razziali - sta per essere svelato. Merito di Mimmo Franzinelli, che da vero detective della Storia, ha indagato sulle cinque agende (1935-1939) "ritrovate" in Svizzera dal senatore Marcello Dell'Utri. Scoprendo, con prove che ritiene inoppugnabili, che sarebbero palesemente false.
Il fatto ancora più clamoroso è che sarebbero le stesse fabbricate ad arte a Vicenza, a metà degli anni Cinquanta, assemblando fonti d’archivio, da Rosa e Amalia Panvini, madre e figlia, che le vendettero per 22 milioni di lire ad Arnoldo Mondadori, ma colte in fallo confessarono e furono condannate per truffa e falso con sentenza del Tribunale di Vercelli confermata in appello.
L’appuntamento per i dettagli dell’investigazione di Franzinelli è nei prossimi giorni, quando esce in libreria il suo saggio intitolato Autopsia di un falso. I Diari di Mussolini e la manipolazione della storia (Bollati Boringhieri, 170 pagine, euro 16), che ricostruisce la presunta bufala e smonta punto per punto le tesi di chi sostiene la veridicità dei testi o quanto meno li attribuisce ad un'opera di riscrittura da parte del Mussolini di Salò, ai fini di una riabilitazione postuma.
Il paragone con i falsi diari di Hitler, pubblicati nel 1983 dal gruppo editoriale Stern, non è quindi azzardato. “La mia è stata una lunga ricerca - spiega Franzinelli – che chiude definitivamente la discussione. Le prove della manipolazione le potrete leggere nel libro”.
Nel suo lavoro Franzinelli, che tra l’altro ha messo a confronto le controverse agende mussoliniane con i diari della sua amante Claretta Petacci, desecretati di recente, indica anche le fonti alle quali i falsari avrebbero attinto generosamente: dai diari di Galeazzo Ciano ai quotidiani di regime.
Seri dubbi sull’autenticità dei diari erano stati peraltro già espressi in passato da Luciano Canfora, Giordano Bruno Guerri ed Emilio Gentile, il quale per conto del gruppo “L’Espresso” aveva esaminato per due mesi i testi, riscontrando errori grammaticali, discordanze storiche e cronologiche e anacronismi.
Ma se Franzinelli ha ragione, che fine hanno fatto i diari veri di Mussolini? Il mistero continua. Anche perché tutta la storiografia concorda sulla loro esistenza. Vi sono prove dirette di ciò, come le due pagine strappate dalle agende e regalate dal duce al figlio Romano e al caporedattore del “Popolo d’Italia” Giorgio Pini. Lo stesso Mussolini, nel libro autobiografico Parlo con Bruno (1941), confessò di aver tenuto un diario fino al 1940. Infine Edvige Mussolini, sorella del duce, ha testimoniato di aver avuto per lungo tempo in custodia le agende.
Ecco perché fin dal dopoguerra si è scatenata una ricerca quasi spasmodica dei diari da parte di giornalisti, storici, avventurieri, che è stata ben ricostruita da Enrico Mannucci nel saggio Caccia grossa ai diari del duce (Bompiani, 276 pagine, euro 18).
Al momento, per chi vuole scandagliare il pensiero di Mussolini, conviene affidarsi alla lettura degli appunti dei colloqui con il duce raccolti tra il 1934 e il 1943 da Yvon De Begnac, giornalista de “Il Lavoro Fascista”, ristampati poche settimane fa da Il Mulino (Taccuini mussoliniani, 736 pagine, euro 19), oppure dei diari di Claretta Petacci, della quale agli inizi di maggio usciranno per Rizzoli le annate 1939-1940, intitolate La guerra del Duce. Mussolini segreto. In attesa che spuntino i diari veri di Mussolini. Se esistono ancora.
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L’intervista di Franzinelli a la Repubblica (6 aprile 2011)
"Errori, plagi, anacronismi ecco perché sono falsi"
di Simonetta Fiori
"Dal 1955 Rosetta e Mimì Panvini si applicarono all´imitazione di stile e grafia". Lo storico Franzinelli spiega le tesi del suo nuovo libro: "I testi di Dell´Utri sono apocrifi, realizzati da due signore di Vercelli"
«Sono certo che questo mio lavoro costringerà Elisabetta Sgarbi e il senatore Dell´Utri a rinunziare al loro progetto». Mimmo Franzinelli è appena riemerso da una lunga indagine sulle tracce dei diari attribuiti a Mussolini e non sembra avere esitazioni. «L´agenda del 1939 pubblicata da Bompiani è apocrifa: un´accozzaglia di anacronismi, di errori fattuali, di estesi plagi, di affermazioni contraddette da fonti d´epoca». In altre parole, «una bufala colossale». La sfida è lanciata.
Con certosina pazienza lo studioso è andato a frugare negli archivi pubblici e privati, ha collazionato l´agenda del ´39 con il diario di Ciano, vari giornali dell´epoca e gli scritti di Mussolini pubblicati da Hoepli. Ed è riuscito a convincere anche lo storico americano Brian R. Sullivan, un tempo sostenitore dell´autenticità delle agende (per questo molto citato nell´edizione Bompiani) e oggi risoluto sostenitore della "bufala". I risultati di questa accurata inchiesta, non immune a tratti da un piglio "dietrologico" discutibile, sono raccolti in un meticoloso dossier di quasi trecento pagine (Autopsia di un falso. I Diari di Mussolini e la manipolazione della storia, Bollati Boringhieri, euro 16). Quello tratteggiato da Franzinelli – già artefice di originali ricerche archivistiche sul ventennio nero, sull´epurazione e sul piano Solo – è un caso editoriale che racconta molto dell´Italia di oggi, un paese incline a cancellare ogni confine tra verosimile e reale.
Franzinelli, alla fine del volume lei sfida Dell´Utri a un pubblico confronto. Qual è la prova più persuasiva?
«Le tracce del falso sono infinite, ma potrebbero bastare le annotazioni autografe di Claretta Petacci sui movimenti del duce nel 1939 (tuttora inedite): quasi sempre inconciliabili con il contenuto dell´edizione Bompiani. Nel mio libro rivelo l´identità dei falsari e le loro strategie commerciali».
Chi confezionò l´apocrifo?
«Le artefici furono due bizzarre signore di Vercelli, Rosetta e Mimì Panvini, che tra il 1955 e la metà del successivo decennio si applicarono con dedizione alle agende e altro material simil-ducesco. Rosetta, la madre, era appassionata di Mussolini; Mimì, la figlia, laureata in chimica all´Università di Torino, imparò ben presto a imitare la scrittura del dittatore. Anche il capofamiglia Giulio contribuì all´impresa, portando a casa biografie mussoliniane e annate di quotidiani del regime, dal Popolo d´Italia alla Stampa».
Lei dimostra la corrispondenza perfetta tra queste fonti e il diario.
«Sì, le due donne saccheggiarono i giornali, ma anche Scritti e discorsi di Benito Mussolini e soprattutto il Diario di Galeazzo Ciano. Non manca il contributo personale di madre e figlia: considerazioni meteorologiche e banalità che mai il capo del fascismo avrebbe affidato al giudizio dei posteri».
Come si riesce a dimostrare che il diario del 1939 sia stato fabbricato proprio dall´officina di Vercelli? Le due falsarie furono processate, ma le agende scomparvero.
«Nel 1956 Arnoldo Mondadori acquistò per 22 milioni di lire un blocco di carteggi "mussoliniani" composti dalle due amanuensi. Accortosi del bidone, riottenne gran parte del denaro e conservò copia di quei materiali negli archivi della casa editrice: ebbene, il raffronto con l´agenda 1939 evidenzia straordinarie somiglianze grafologiche, con una notevolissima ricorrenza di errori grammaticali e ortografici».
È in grado di ricostruire il tragitto dell´agenda da casa Panvini alla biblioteca di Dell´Utri?
«Dell´Utri ha presentato come un novità – e una scoperta personale – il rinvenimento di questo materiale. In realtà il diario pseudomussoliniano ha circolato per oltre un trentennio in Europa e negli Usa in cerca di acquirenti: trasferito in Svizzera con alcune altre agende, fu offerto invano a gruppi editoriali e a privati. Negli anni Ottanta venne gestito da sir Anthony Havelock-Allan, senza ottenere certificati di autenticazione: nel 1989 i laboratori statunitensi Brunelle attestarono che l´inchiostro era stato prodotto nel dopoguerra, mentre nel 1993 Sotheby´s accertò l´artefazione della grafia mussoliniana. Tornata ingloriosamente in Svizzera, l´agenda 1939 è stata di nuovo messa in vendita, finché Dell´Utri l´ha "scoperta"».
L´edizione di Bompiani si fa forte del giudizio di Sullivan, un tempo sostenitore dell´autenticità del documento.
«Venticinque anni fa Sullivan prospettò la tesi dell´autenticità postuma: il duce avrebbe scritto il diario del 1939 alcuni anni più tardi, nel periodo della Repubblica Sociale, per finalità autodifensive, nella previsione di venire presto processato per crimini di guerra. Lo storico era rimasto colpito dalle cronache di volo di Mussolini e dal riferimento all´udienza concessa a un emissario del presidente Roosevelt. Qualche mese fa ho contattato Sullivan e gli ho anticipato i risultati della mia ricerca, che tra l´altro dimostrano come le signore Panvini avessero ricavato le cronache aviatorie da un libro in loro possesso e tratto la cronaca dell´udienza da un quotidiano d´epoca».
E Sullivan come ha reagito?
«Ha rivisto completamente le sue convinzioni, come dimostra la lettera che mi ha scritto: "Oggi ho raggiunto una convinzione ferma: il diario stampato da Bompiani e gli altri di cui è annunciata la pubblicazione non sono genuini. Comunque sia, sono dei falsi"».
Però lo studioso aggiunge che non è persuaso del tutto che l´apocrifo derivi da casa Panvini.
«Il memoriale autobiografico scritto nel maggio 1959 da Mimì (riprodotto integralmente nel
volume) lo convincerà della matrice vercellese degli apocrifi».
Ma Mimì in seguito avrebbe ritrattato tutto.
«Le signore Panvini alternarono ammissioni e ritrattazioni che tuttavia non possiamo giudicare con il medesimo metro. Le imputate furono condannate per truffa e falso in entrambi i processi celebrati presso il Tribunale di Vercelli, in primo grado nel 1960 e in appello nel 1962. Sei anni dopo, nel febbraio 1968, avrebbero raccontato di essere le artefici degli apocrifi anche davanti a una troupe di Tv7, guidata da Emilio Fede. La sorte ha voluto che fosse proprio Fede a riprendere le falsarie in azione, in un filmato che avrebbe fatto sobbalzare Dell´Utri».
Lei attribuisce al falso anche una strumentalità politico-culturale.
«Da quelle pagine balza l´immagine di un Mussolini inedito: statista autocritico, nemico dei tedeschi, desideroso di tenere l´Italia fuori dalla guerra, addirittura scettico rispetto alle leggi razziali. Un clamoroso esempio di falsificazione della storia, che corrisponde a una fase della vita pubblica italiana segnata da confusione tra finzione e realtà».
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