mercoledì 11 maggio 2011

Fuoco amico sul treno dei prigionieri: la tragedia dimenticata del 1944


Foto scattata da un militare tedesco
dopo il bombardamento del ponte
(rintracciata da Fabio Roncella)
 "La mia guerra non è finita" di Marco Patucchi e Harry Shindler (Dalai Editore) esce in questi giorni in libreria. La storia di un veterano dell'esercito inglese e delle indagini sui misteri della Seconda Guerra Mondiale. Ad esempio un convoglio tedesco carico di soldati angloamericani venne distrutto per errore dai bombardieri statunitensi vicino ad Orvieto. Circa trecento le vittime. Una vicenda rimasta ai margini dei resoconti ufficiali. Ne pubblichiamo uno stralcio.

di Marco Patucchi e Harry Shindler


Harry torna in Umbria, per la prima volta dai tempi della guerra, nell'estate del 2010. E' stato invitato nel suo ruolo di rappresentante della Italy Star Association a presenziare una cerimonia commemorativa. Mi chiede di accompagnarlo: al sacrario militare inglese di Orvieto, un fazzoletto di erba color smeraldo ricamato dalle croci bianche, si celebra la battaglia di Montegabbione del 16 giugno 1944. Uno dei tanti combattimenti che si sono svolti mentre le truppe alleate inseguivano i tedeschi in fuga verso Nord.


La tromba suona il silenzio e sullo sfondo di cielo e nuvole, il Duomo arroccato sulle pareti di tufo sembra la vetta di una montagna splendente. Harry pronuncia l'intervento parlando a braccio: chi, qualche minuto prima, ha visto arrivare sul prato del piccolo cimitero un anziano mite e dal passo incerto, ora ascolta le parole orgogliose ed emozionanti di un veterano dell'esercito di Sua Maestà. "Ricordare, onorare e rispettare chi è caduto per la libertà di tutti", dice Harry mentre il vento leggero spolvera le lapidi allineate quasi a renderle ancora più candide. (...) Il viaggio in Umbria è anche l'occasione per scoprire l'ennesima vicenda cancellata dal tempo: il bombardamento da parte degli aerei americani di un treno carico di prigionieri alleati, distrutto mentre era sul ponte di Allerona. Centinaia di vittime del fuoco amico, rimaste ai margini della storia ufficiale. Non una lapide in memoria, almeno fino all'intervento di Shindler che incassa un impegno dalle autorità locali a prevederla al più presto. Solo le testimonianze di qualche anziano dei paesi nei dintorni e pochi documenti raccolti da un'associazione di volontari (Montegabbione. net). Come se quella carneficina del 28 gennaio 1944 non ci fosse mai stata. Harry si chiede quale destino abbiano avuto i resti di tutte le vittime del bombardamento, cerca invano tracce nei cimiteri della zona. Immagina l'esistenza di una fossa comune spersa nella campagna umbra. Niente di tutto questo.


Ancora una volta le risposte arriveranno dagli archivi, consentendo la ricostruzione di una tragedia che non può rimanere nascosta nel buio del tempo e che viene restituita alla storia ufficiale dai documenti che rintracciamo nei National Archives di Londra, consegnando finalmente alla pace i fantasmi di quelle centinaia di soldati. (...) Nell'agosto del 1944 ci sono le segnalazioni dei reparti del genio militare britannico che lavorano al ripristino della linea ferroviaria: inviano al quartier generale delle forze alleate in Italia, una piastrina di riconoscimento e un diario trovati sui corpi di due soldati inglesi che erano sotto il ponte. I resti vengono seppelliti sul posto e, nella comunicazione al comando, l'ufficiale del genio accenna al bombardamento e al destino delle vittime: "Un treno di prigionieri di guerra è stato bombardato su questo viadotto il 28 gennaio del 1944, e ci sono approssimativamente trecento corpi di soldati seppelliti nelle buche create dalle bombe ad est del viadotto. Quando il fiume è in piena, le fosse sono sotto il livello dell'acqua".


Sempre nell'estate del '44, le autorità britanniche avviano indagini tra gli ex prigionieri di guerra alleati per capire cosa è successo esattamente sul ponte di Allerona e per tentare di ricostruire la lista delle vittime, dei feriti, dei dispersi. I frammenti di un grande puzzle. Soldati, ufficiali, battaglioni, ma anche le legazioni internazionali. Come quella svizzera, attivata per avere da Berlino la versione tedesca dei fatti. Uno scambio indiretto di informazione tra nemici, ancora nel pieno della guerra. "Il Ministero degli Affari Esteri del Reich - si legge nel documento datato Berlino, 31 agosto 1944 - ha l'onore di informare la Legazione Svizzera, Divisione Interessi Stranieri, (...) Dopo l'attacco aereo da parte di aviatori americani ai prigionieri del treno da trasporto militare vicino Orvieto il 28 gennaio 1944, trecentotrentuno prigionieri di guerra su un totale di settecentonovantacinque risultano dispersi. Non essendo possibile stabilire, alla luce di quanto affermato dai testimoni oculari, che in base alle condizioni locali fosse praticabile una fuga, va tenuto conto della morte di questi prigionieri di guerra. La maggior parte degli schedari e dei documenti del trasferimento sono stati distrutti con il treno. Tuttavia, i dipartimenti interni tedeschi non lasceranno niente di intentato per stabilire i nomi di quei prigionieri di guerra". (...) Una nota scritta a penna e datata dicembre 1944, elenca una serie di oggetti rinvenuti sul corpo di alcuni soldati sotto il ponte di Allerona: un accendisigarette con le iniziali B. S. B, un distintivo italiano in cattive condizioni, una piastrina di riconoscimento illegibile, un anello d'oro con le iniziali T. D, un bottone sudafricano, un distintivo con un'aquila e una corona.


(...) Oggi del ponte di Allerona rimangono solo alcuni ruderi immersi nella vegetazione, a pochi metri dalla nuova linea ferroviaria dove sfrecciano gli Eurostar. Il letto durante i mesi estivi è una distesa di pietre bianche tra le quali, raccontano i vecchi del posto, per tanti anni sono spuntati piccoli frammenti di ossa, bottoni delle divise, componenti delle armi. Terminata la cerimonia al cimitero di Orvieto, con una piccola delegazione di amministratori locali e di militari facciamo un sopralluogo. Ogni cosa è immersa nella luce scintillante del sole estivo. Harry si incammina lentamente verso il pilone di cemento del ponte moderno, misura con lo sguardo la distanza dalla strada di campagna che partendo dalla statale si snoda fino ai bordi del fiume Paglia. "Ecco, la targa commemorativa andrà collocata qui, sotto l'arcata del ponte. Bisognerà ripulire il sentiero e sfoltire un po' i cespugli". I rappresentanti delle istituzioni locali ascoltano quello che non è un semplice desiderio, una richiesta come tante. Ascoltano gli "ordini" del veterano Shindler. Ed è come se a parlare fossero tutte le pietre bianche del fiume.


(la Repubblica, 11 maggio 2011)

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