di Mario Avagliano
È una notte fredda, quella del 14 dicembre 1940 a Parigi. In giro c’è poca gente, la città è stretta nella morsa dell’occupazione nazista. È in quell’atmosfera buia che torna in Francia, da cui è stato strappato via a soli tre anni e non ha mai più rivisto, il figlio di Napoleone. O meglio, la sua salma, visto che l’Aiglon (l’aquilotto), il nome col quale è passato alla storia, è morto il 22 luglio 1832 all’età di ventuno anni in Austria, terra natale di sua madre Maria Luisa, arciduchessa della casa d’Asburgo. Termina così il lungo esilio del figlio di Napoleone Bonaparte, la cui sfortunata vicenda è ritratta con accuratezza e passione da Alessandra Necci in Il prigioniero degli Asburgo. Storia di Napoleone II re di Roma (Marsilio, pp. 384, euro 19).
La nascita del rampollo dell’imperatore, il 20 marzo 1811, era stata accolta dai francesi con 101 colpi di cannone, balli e canti: “Et bon, bon, bon! C’est un garçon! Vive Napoleon!”. Bonaparte lo acclamò roi de Rome (anche se il figlio non toccò mai il suolo italiano, nonostante lo desiderasse ardentemente) e confessò agli amici: “Lo invidio, la gloria lo attende, mentre io ho dovuto correrle dietro. Io sono stato Filippo, lui sarà Alessandro”. Ma la caduta del suo impero era alle porte. Nel 1815 arrivava la disfatta finale, a Waterloo, e l’abdicazione in favore del figlioletto Napoleone II, che amava tanto.
I ventun’anni di Napoleon François-Charles trascorsero nell’esilio dorato della corte di Vienna, tra feste e concerti, ma anche subendo la severa educazione militare imposta dagli Asburgo, che non lasciarono nulla di intentato per 'austricizzarlo'. Perfino nel nome, ribattezzandolo Franz. Alto oltre un metro e novanta, elegante, bellissimo, era corteggiato dalle donne, compresa Sofia, madre del futuro imperatore Francesco Giuseppe, il quale ad avviso di alcuni fu il frutto (nascosto) della liasion tra i due. Purtroppo, nonostante il fisico da corazziere, era debole di salute. E quando si ammalò gravemente, gli Asburgo non mossero un dito per salvarlo.
“La mia nascita e la mia morte, ecco tutta la mia storia”, disse di se stesso negli ultimi giorni. Ma proprio il triste destino di prigioniero rese la sua figura leggendaria, già in vita. Un simbolo dei primi patrioti italiani del Risorgimento come della resistenza francese ad Hitler.
(Il Messaggero, 9 febbraio 2012)
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