sabato 19 marzo 2011

1911-2011: Tripoli bel suol d'amore, cent'anni dopo la storia (e la guerra) si ripetono

"Tripoli bel suol d'amore". Era il 28 settembre 1911 quando l'ambasciatore italiano a Costantinopoli consegnava l'ultimatum dell'Italia all'Impero Ottomano, che aveva il possesso di Tripolitania e Cirenaica. Il giorno dopo il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, pur non avendo il consenso del Parlamento (ancora in vacanza), dichiarava guerra alla Turchia e l’Italia partiva alla conquista dell'Africa. In appena un anno, il 18 ottobre 1912, a seguito del trattato di pace di Losanna, la Libia da provincia ottomana era diventata colonia italiana e Gabriele D'Annunzio poteva cantare la gioia della conquista "d'Oltremare".
La decisione di entrare in guerra non fu unanime. Lo stesso Giolitti non era entusiasta dell'idea. L'impresa della conquista della Libia, la "quarta sponda" italiana, era però appoggiata da potenti lobbies economiche e politiche: la Destra conservatrice e il ministro degli Esteri Antonino di San Giuliano; i nazionalisti guidati da Enrico Corradini, autore del volumetto "L'Ora di Tripoli"; i socialisti riformisti di Leonida Bissolati; significativi settori della grande industria e del mondo bancario; il Corriere della Sera di Luigi Albertini, la Tribuna di Olindo Malagodi e la stampa cattolica, anche se il Vaticano ufficialmente non si schierò. D'altronde il nostro Paese aveva rilevanti interessi commerciali in Libia, dove da tempo il Banco di Roma aveva in corso manovre di penetrazione economica, tanto che nel 1907 aveva aperto una succursale a Tripoli.  
Anche alcuni grandi intellettuali si mobilitarono in favore della guerra, da Gabriele D'Annunzio a Giovanni Pascoli, il quale  parlando dell'Italia scrisse "la grande proletaria si è mossa". La Libia era considerata una sorta di terra promessa, un tesoro di immense e fertili coltivazioni di grano, orzo, ulivi, aranci, "mandorle, peschi, fichi, albicocche, meli, peri, cocomeri, meloni, legumi" e di ricchezze naturali (non si sapeva ancora del petrolio, ma ai nostri imprenditori facevano gola i giacimenti di zolfo). Una terra "d'Oltremare" attraverso cui dare sfogo all'emigrazione, che aveva allontanato dall'Italia già milioni di persone, soprattutto meridionali, partite per le Americhe.   
Tra gli oppositori più decisi spiccava il socialista Gaetano Salvemini, il quale definì la Libia uno "scatolone di sabbia". Anche il leader dei socialisti Filippo Turati e i repubblicani di Pietro Nenni si opposero alla guerra. La Confederazione Generale del lavoro indisse uno sciopero generale per il 27 settembre 1911, che tuttavia fallì miseramente.
Era contrario anche il giovane Benito Mussolini, altro esponente di spicco dei socialisti, direttore del giornale "Lotta di classe", sul quale scrisse che l’avventura di Tripoli era per molti un "diversivo" per distrarre "il paese dal porsi e risolvere i suoi complessi problemi interni". Per protestare contro la guerra, Mussolini assieme a Nenni finì anche qualche giorno in galera. Pochi anni dopo avrebbe cambiato radicalmente idea.
Certo, oggi le motivazioni della guerra sono diverse. Gheddafi è un feroce dittatore e i ribelli invocano il "risorgimento" della Libia, chiedendo pane, democrazia e libertà.
Ma adesso come allora l'Italia festeggia in grande stile la sua Unità. E anche adesso il petrolio e i gas libici (come allora lo zolfo e gli interessi economici) non costituiscono una variabile indipendente della guerra. I corsi e i ricorsi della storia fanno impressione...

Copyright © Mario Avagliano 2011

La testimonianza: Diario di un caporale della guerra di Libia 1911-1912

La canzone
L'8 settembre 1911, al teatro Balbo di Torino, la bella bruna Gea della Garisenda, classe 1878, romagnola, lanciò l’inno patriottico A Tripoli, che poi divenne noto con il primo verso della strofa, Tripoli bel suol d’amore.
La sua esibizione fece scandalo perché si presentò sul palco nuda, avvolta solo in una bandiera tricolore. D'altra parte Gea aveva una lunga schiera di ammiratori: da Gabriele D’Annunzio, che le diede il nome per ricollegarla alla sua terra d’origine, a Salvatore Di Giacomo, Trilussa, Giosuè Carducci, Olindo Guerrini, Ruggero Leoncavallo.

Ecco il testo della canzone:
Sai dove s’annida più florido il suol? Sai dove sorride più magico il sol? Sul mar che ci lega coll’Africa d’or, la stella d’Italia ci addita un tesor.
Tripoli, bel suol d’amore, ti giunga dolce questa mia canzon, sventoli il Tricolore sulle tue torri al rombo del cannon! Naviga, o corazzata: benigno è il vento e dolce è la stagion.
Tripoli, terra incantata, sarà italiana al rombo del cannon. A te, Marinaro, sia l’onda sentier; sia guida Fortuna per te Bersaglier; và e spera, soldato, Vittoria è colà… Hai teco l’Italia che gridati: va! Tripoli, bel suol d’amore, ti giunga dolce questa mia canzon, sventoli il Tricolore sulle tue torri al rombo del cannon! Naviga, o corazzata: benigno è il vento e dolce è la stagion. Tripoli, terra incantata, sarà italiana al rombo del cannon.
Al vento africano che Tripoli assal già squillan le trombe la marcia real. A Tripoli i turchi non regnano più: già il nostro vessillo issato è laggiù… Tripoli, bel suol d’amore, ti giunga dolce questa mia canzon, sventoli il Tricolore sulle tue torri al rombo del cannon! Naviga, o corazzata: benigno è il vento e dolce è la stagion. Tripoli, terra incantata, sarà italiana al rombo del cannon.
Un bel militare voleva da me un sì per qualcosa (sapete cos’è). Gli dissi ridendo: “Tu avrai quel che vuoi; ma prima, birbante, va’ a Tripoli, e poi…”! Tripoli, bel suol d’amore, ti giunga dolce questa mia canzon, sventoli il Tricolore sulle tue torri al rombo del cannon! Naviga, o corazzata: benigno è il vento e dolce è la stagion. Tripoli, terra incantata, sarà italiana al rombo del cannon.


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