venerdì 4 marzo 2011

La storia della persecuzione degli ebrei italiani attraverso le parole delle vittime

La persecuzione degli ebrei in Italia, dalle leggi razziali del 1938 al ritorno dei pochi sopravvissuti dai campi di sterminio tra il 1945 e il 1946, raccontata per la prima volta attraverso la viva voce delle vittime, “registrata” giorno per giorno in centinaia di lettere e diari per lo più inediti dell’epoca. Il libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri, pubblicato a fine gennaio da Einaudi col titolo Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945 (390 pagine, euro 15) e giunto già alla seconda ristampa, ricostruisce l’intera vicenda storica della bufera razziale in Italia attraverso gli scritti coevi, inquadrati da un ampio saggio storico e raccolti in forma di antologia.

Il libro – come scrive Michele Sarfatti nella prefazione – ci consegna “una storia corale di quell’evento, tramite le parole di chi ne fu vittima, fissate sul momento in forma di lettera o diario”. Così, seguendo le annotazioni quotidiane, si va dall’incredulità per il Manifesto e le leggi razziali («Sarò tagliato fuori dalla vita del mio paese che ho tanto amato» scrive il poeta Umberto Saba; «Come è possibile che non sia più ritenuto degno di essere figlio d’Italia?» si domanda un reduce della prima guerra mondiale), alla scelta estrema del suicidio per l’umiliazione e l’emarginazione subita («debbo dimostrare l’assurdità malvagia dei provvedimenti razzisti» è l’ultimo scritto dell’editore modenese Formiggini); dalla reclusione nei campi di internamento italiani («Volentieri mi tramuterei in un uccello per respirare l’aria libera» scrive una bimba a Ferramonti), alla cronaca dal vivo degli eccidi (come all’Hotel Meina) e delle retate (a Roma il 16 ottobre 1943 e in altre città); dalla fuga in Svizzera alla vita in clandestinità, alla partecipazione alla Resistenza, fino alla cattura, alla raccolta nei campi di Fossoli e Bolzano e agli ultimi disperati biglietti lanciati di treni (“Con il cuore afflitto lascio la mia terra natia”, “Siamo in viaggio per terre lontane pieni di fiducia”, “Ti scrivo in treno. Salvatevi!”). Il flusso della scrittura s’interrompe solo con la deportazione e il vuoto che ne deriva è colmato solo in parte dagli scritti dei pochi sopravvissuti durante il ritorno a casa che chiudono il volume (Primo Levi, in una di queste lettere inedite, anticipa i contenuti de La Tregua).

Ne viene fuori un libro che, come osservano i due Autori nell’introduzione, è “un affresco storico che assume un significato particolare anche perché costituito di parole scritte dalle vittime di una persecuzione e di un crimine che il nazifascismo voleva mettere a tacere ed annientare, e che invece sono arrivate fino a noi, lasciandoci traccia tangibile, prova storica inconfutabile e memoria indelebile di ciò che è stato”.
Cercando di non dimenticare che “l’invito di Primo Levi a meditare su ciò che è stato – scrive ancora Sarfatti - vale non solo per ciò che accadde ad Auschwitz, ma per tutto ciò che è documentato dai brani riuniti da Avagliano e Palmieri nelle pagine di questo libro”.

Info: http://www.storiaxxisecolo.it/avagliano/gliebrei/gliebreisottolapersecuzione.htm

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