mercoledì 29 febbraio 2012

“Mamma, qui l’inverno non finisce mai”: la recensione di Voci dal lager di Pagine Ebraiche

“La primavera già fiorisce, ma qui non c’è primavera, è inverno eterno ed un vento terribile soffia e penetra fra gli interstizi e le pareti troppo sottili. Mamma, mamma aiutami tu, mamma solo tu mi puoi ancora dare la forza di vivere e tornare… mamma vieni stanotte in sogni ti attendo”. Gli stenti, la paura, la sofferenza riecheggiano nelle parole furtivamente annotate da Lidia Beccaria Rolfi nel suo taccuino clandestino, testimonianza scritta dell’orrore del lager di Ravensbrück. Si arriva il 21 di mattina a Mauthausen, sembra la liberazione uscire da quei fetidi vagoni. Incominciava invece il calvario” scrive nel suo diario Pietro Tavazza, funzionario comunista deportato nel campo di concentramento austriaco. Lettere, diari clandestini, biglietti lanciati dai treni, attraverso questa imponente quanto tragica mole di documenti, Mario Avagliano e Marco Palmieri ricostruiscono nel loro Voci dal Lager (Einaudi) la storia dei deportati politici italiani durante la seconda guerra mondiale. “Una pagina purtroppo ancor poco conosciuta – spiega Avagliano –che noi abbiamo cerato di raccontare attraverso la voce dei testimoni; un lavoro che va ad affiancarsi alle pubblicazioni precedenti su Gli internati militari italiani (Einaudi, 2009) e Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia (Einaudi, 2011).
La ricostruzione cronologica degli avvenimenti nel libro è affidata alle parole di chi visse in prima persona la deportazione, le carceri, le violenze del nazi-fascismo. Da dove nasce questa scelta?
Secondo noi vi è la necessità di tornare ai documenti, di svolgere una ricerca storica pura raccontando in modo diverso un periodo storico così complesso e tragico come la Seconda Guerra Mondiale. Abbiamo utilizzato per lo più materiale inedito o comunque conosciuto solo a livello locale per dare voce alle migliaia di italiani deportati per motivi politici, incarcerati o mandati ai lavori forzati. Le loro lettere, i diari, affiancati da una analisi storica, sono una sorta di cronaca dal vivo del dramma e consente al lettore di entrare in quella camera segreta che sono le sofferenze, i pensieri, le emozioni dalla cattura alla carcerazione, fino, per i più fortunati, alla liberazione.
“Io dico che dovremmo pensare un po’ di più a quelli di noi che son finiti in Germania. Ne hai mai sentito parlare una volta che è una? Mai uno che si ricordi di loro”. È la citazione da Una questione privata di Beppe Fenoglio presente nella prefazione del vostro libro in cui denunciate il vuoto storiografico creatosi attorno ai deportati politici italiani…
Purtroppo la memoria della Resistenza italiana si è soffermata a lungo sulla lotta armata  dimenticandosi troppo spesso di coloro che finirono nei campi di con centramento, i famosi triangoli rossi. Partigiani, resistenti civili, oppositori del regime nazista e fascista, migliaia di italiani finirono nei Lager, trattati dai tedeschi come traditori dopo l’armistizio dell’8 settembre. Questa pagina di storia peraltro è l’ennesima, forte e incontrovertibile dimostrazione dell’inesistenza di quella favola del fascismo buono che qualcuno ancora sostiene. I documenti scritti sono una risposta alla  problematica domanda posta nel suo Dopo l’ultimo testimone dallo storico David Bidussa: testimonianze inoppugnabili, argine scritto contro chiunque propugni tesi negazioniste che si rimarrà anche dopo la scomparsa degli ultimi sopravissuti.
Il materiale raccolto nel libro è per lo più inedito. Come si è svolto il lavoro di documentazione e qual è stata la risposta delle famiglie dei testimoni?
È stato un percorso lungo. Abbiamo collaborato con istituti storici, con l’Aned (Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti), con i sopravvissuti e le loro famiglie. C’è stata grande disponibilità e mi ha colpito il fatto che molto spesso depositarie della memoria dei propri cari fossero le donne. Forse hanno una sensibilità maggiore rispetto alla necessità di tramandare il passato famigliare. Tra l’altro, purtroppo, alcuni dei sopravvissuti sono scomparsi prima di vedere completata la nostra ricerca. Speriamo di onorare degnamente la loro memoria anche attraverso la nostra pubblicazione.
Lei prima citava il negazionismo. Dalle aule di scuola a internet, episodi antisemiti e neofascisti continuano a guadagnarsi le prime pagine dei giornali. Riusciremo mai a superare questa vergogna?
A differenza della Germania, l’Italia non ha ancora fatto i conti con la propria storia. Lo dimostra la poca consapevolezza riguardo alle responsabilità italiane durante la guerra e le deportazioni. Per anni si è cercato di difendere, nonostante le evidenze, il mito degli italiani brava gente, di puntare su questo per lavare le coscienze.  Dobbiamo tornare ai documenti, raccontare le pagine, come quelle riguardanti i deportati politici, avvolte dal velo dell’ignoranza. E non so quanto possa servire una legge contro il negazionismo. Penso sia più importante concentrarsi sul lavoro nelle scuole, senza lasciare troppo spazio alla retorica politica e alle sue polemiche.

(Pagine Ebraiche, n. 2, febbraio 2012)

Nessun commento:

Posta un commento