domenica 5 febbraio 2012

Stragi naziste, Berlino non ci risarcirà

di Mario Avagliano

La fragile Europa dei conti in rosso e del malandato euro, subisce un colpo mortale anche alla sua Memoria e alla sua Storia. Quella tragica del nazismo e della Germania, che negli anni della seconda guerra mondiale aveva insanguinato con efferate stragi il suolo delle nazioni europee occupate, alimentando la sua macchina bellica con la deportazione o il trasferimento forzoso di milioni di persone. Comprese svariate centinaia di migliaia di italiane e di italiani (ebrei, politici, internati militari, lavoratori coatti), trattati come “pezze da lavoro” e in molti casi sfruttati fino all’ultimo respiro.
L’antefatto è noto. Una sentenza della Corte di Cassazione italiana aveva riconosciuto ai familiari delle vittime dei crimini del Terzo Reich il diritto a ricevere indennizzi individuali dalla Germania. La Corte internazionale di giustizia dell’Onu, che ha sede all’Aja, ha accolto il ricorso del governo tedesco guidato da Angela Merkel avverso tale sentenza.
Se in punta di diritto si può discutere sul fatto che l'Italia abbia violato o meno i suoi obblighi di diritto internazionale nei confronti della Germania, permettendo che tribunali civili imponessero indennizzi per le vittime dei crimini di guerra nazisti, non vi è dubbio che il messaggio simbolico che deriva da questa decisione, definita “burocratica” dal sindaco di Civitella del Tronto (uno dei luoghi delle stragi), lascia l’amaro in bocca e, come è stato detto da politici italiani di sinistra e di destra, rischia di creare un pericoloso precedente.di scarsa attenzione verso le vittime dei crimini nazisti.
Ad appena una settimana dalla celebrazione in tutto il mondo del Giorno della Memoria, il plauso di Berlino alla decisione dell’Aja è apparso quanto meno poco opportuno, così come le iniziali dichiarazioni rilasciate dal ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle, che ha parlato di “un giudizio importante per la Germania e l’intera comunità internazionale”, salvo poi aggiungere in un comunicato consegnato alle agenzie che il governo tedesco applicherà “tutte le questioni inerenti a questo giudizio in collaborazione con i nostri amici italiani”, in un’ottica di relazioni bilaterali.
A onor del vero anche la posizione del governo italiano, espressa dal ministro degli Esteri Giulio Terzi, è sembrata viziata da eccesso di diplomazia. Il “rispetto” verso ogni sentenza è doveroso, ma ci saremmo aspettati un maggior coraggio nel rivendicare, anche nei confronti della Corte dell’Aja, il diritto dei familiari delle vittime delle stragi naziste, degli internati e dei deportati a ricevere un indennizzo. Soprattutto dopo un passato – quello italiano - caratterizzato, per ragioni stato e di guerra fredda, dall’occultamento dei fascicoli sulle stragi naziste (vedi la vicenda del cosiddetto “Armadio della vergogna”). Rimettere la questione dei risarcimenti al negoziato tra Italia e Germania, che è in corso da anni e non ha portato finora a risultati concreti, è giusto ma non sufficiente.
Sul fronte storiografico, tra Italia e Germania sono stati fatti molti passi in avanti. Ad aprile la commissione di storici delle due nazioni, presieduta per parte italiana dal professor Mariano Gabriele, consegnerà ai due governi un’ampia relazione con le sue conclusioni sui fatti della seconda guerra mondiale, comprensiva di un data base sulle violenze naziste nei confronti della popolazione civile, di un’importante guida archivistica e di due antologie di diari e scritti inediti dei protagonisti dell’epoca, sia tedeschi che italiani.
La questione dei risarcimenti, invece, alla luce della sentenza della Corte internazionale rischia uno stop definitivo, anche se gli stessi giudici dell’Aja invitano i due Stati a trovare un accordo. Il governo tedesco ha fatto sapere che la responsabilità storica della Germania non è in discussione. Ma se così è, e non lo si mette in dubbio, visto la serietà con la quale gli storici tedeschi hanno affrontato i buchi neri del loro recente passato, l’Italia dovrebbe chiedere a Berlino una soluzione rapida del contenzioso economico. Sono trascorsi quasi settant’anni e non è possibile che la memoria delle vittime sia ancora brutalmente calpestata. L’indennizzo non restituirà mai i loro cari ai familiari né ridarà ai deportati e agli internati gli anni rubati nei lager e nei campi di prigionia tedeschi, ma costituisce comunque un atto simbolico importante. Solo così, per tante famiglie, la guerra sarà veramente finita.

(Il Mattino, 4 febbraio 2012)

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