Propongo in questa sede l’intervista che Mario Avagliano mi ha concesso per parlare del suo libro Voci dal lager, su cui ho già pubblicato dei post 1 .
Circa il volume su Montezemolo
citato nell’ultima risposta 2 , vorrei
precisare che l’intervista è stata concessa qualche giorno prima
dell’uscita dell’opera.
Come emerge dal testo, finora, a livello politico, soltanto un partito ha invitato gli autori a presentare il libro nelle sue sedi. Trovo che questo sia sorprendente, quando si pensi che il tema dovrebbe interessare tutti coloro i quali si riconoscono nei principi liberali e democratici.
Come emerge dal testo, finora, a livello politico, soltanto un partito ha invitato gli autori a presentare il libro nelle sue sedi. Trovo che questo sia sorprendente, quando si pensi che il tema dovrebbe interessare tutti coloro i quali si riconoscono nei principi liberali e democratici.
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Note
1 V.
ad esempio la recensione Voci
dal lager, di Avagliano-Palmieri. Cfr. anche la pagina “Libri
consigliati”, sempre su questo blog.
2 Il
partigiano Montezemolo , per i tipi della Casa
Editrice Dalai, un testo che ha incontrato subito
grande consenso presso la
critica, come del resto tutti i lavori di Avagliano, che sono stati recensiti
da firme prestigiose del giornalismo italiano (e non solo).
L’A. si rivela
sempre di più come uno dei nostri più brillanti e sensibili
studiosi dell’età contemporanea, dedicandosi con passione ad un
campo finora poco valorizzato dalla storiografia ufficiale.
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1. Com’è nata
l’idea del libro?
Con la prospettiva di
continuare il lavoro di Malvezzi-Pirelli, Lettere di condannati a morte
della Resistenza italiana: una grande opera, che però concentrava la
sua attenzione quasi esclusivamente sulla Resistenza armata e sul momento
finale del martirio. Noi volevamo andare oltre, cercando di analizzare
tutta la vicenda della Resistenza e anche le altre modalità di Resistenza, che
includessero cioè anche quanti si erano opposti alla dittatura senza
imbracciare le armi o senza entrare a far parte di organizzazioni partigiane. A
questo progetto io ho dedicato Generazione ribelle
(2006), un saggio che ha avuto molto successo e che raccoglie gli scritti di
tutti coloro che, in vario modo, si opposero al nazismo e alla restaurazione
del fascismo tra il 1943 e il 1945: i partigiani, i gappisti, ma anche i
deportati politici, i resistenti civili (tra cui tantissime donne e sacerdoti),
gli internati militari, i volontari del Corpo Italiano di Liberazione.
Dopo Generazione ribelle,
assieme a Marco Palmieri ho pubblicato il libro sugli internati
militari, quindi quello sugli ebrei
durante il fascismo e infine questo sui deportati politici.
Come ha sottolineato anche la
critica, si tratta di una vera e propria trilogia sul tema della deportazione e
dei trasferimenti coatti nel Reich, di un affresco di ampio respiro su un
argomento poco trattato dalla nostra storiografia. In più, altro elemento
di novità, ci siamo serviti di fonti generalmente trascurate e che sarebbero
andate disperse, ossia, appunto, le voci dirette dei protagonisti della
tragedia. Da queste voci, è emersa una specie di cronaca dal vivo
dell’immane tragedia che ha coinvolto centinaia di migliaia di italiani,
con una serie infinita di episodi poco conosciuti, se non addirittura
ignorati.
Ridare voce ai protagonisti dell’epoca, attraverso la
cronaca viva, quotidiana, con i loro sentimenti, le loro speranze, le loro
delusioni: è stata questa la nostra ‘stella polare’, quella
che ci ha guidato lungo tutto il percorso.
2. Quali
obiettivi volevate raggiungere e quali ritenete di aver effettivamente
raggiunto?
In parte ho
già risposto prima.
Posso
aggiungere che, come ho scritto in un post pubblicato il 29
marzo 2011 sul mio blog, “orre - attraverso un'antologia – il mosaico della deportazione
politica attraverso le parole dei protagonisti.”
A giudicare dal successo che il volume ha ottenuto, credo che
le nostre aspettative non siano andate deluse.
3. In quanto
tempo avete realizzato l’opera ?
La risposta parte da lontano.
La ricerca era iniziata già da anni, con l’acquisizione di materiale che
abbiamo usato anche per altri libri. Noi raccogliamo
materiale continuamente, lo mettiamo da parte, nel cassetto, e poi lo
utilizziamo in più opere. Come lavoro specifico su questo libro, si può
dire che ci ha impegnato per circa tre anni.
4. Quali sono state le
difficoltà maggiori che avete incontrato e a quali fonti avete fatto ricorso?
Per motivi anagrafici, molti
dei sopravvissuti all’esperienza dei lager sono scomparsi da tempo. Per i
deportati scomparsi nei campi, non è stato facile trovare i loro
familiari. È stato quindi un lavoro non semplice, ma ricco di spunti di estremo
interesse e anche di grande valore umano. Sia perché abbiamo potuto conoscere o
parlare con alcuni deportati sia perché ogni volta, entrare in possesso di
lettere e diari che venivano dal passato, è stata una profonda emozione.
Abbiamo raccolto molto
materiale attraverso fonti tradizionali di ricerca (archivi, biblioteche, fondi
privati, associazioni di partigiani, istituti storici), ma
anche servendoci del passaparola.
Una parte della documentazione
è arrivata anche a seguito di annunci sul mio blog, come quello del 29
marzo 2011 già citato sopra, in cui invitavo ad inviarmi “materiale
pertinente con la ricerca (lettere, diari, documenti interessanti sulla
deportazione, inediti o pubblicati).
Naturalmente le persone che forniranno il materiale saranno citate nei crediti
e saranno indicate le fonti.”
5. In Italia il volume è stato
accolto da un coro unanime di consensi da parte della critica (come
d’altronde gli altri suoi libri). E il mondo politico, come ha
reagito? E inoltre: può dire qualcosa della sua accoglienza in altri paesi, e
soprattutto in Germania?
Le reazioni del mondo politico
finora hanno riguardato soltanto un partito, che ci ha invitato in varie
occasioni nei suoi circoli per presentare il libro.
Per quanto riguarda la
Germania, posso dire che alla prima presentazione ha partecipato anche il
corrispondente da Roma della radio pubblica tedesca.
Si è
dimostrato molto interessato e ha realizzato un’intervista andata in
onda a gennaio. Poi, anche se in questo caso il discorso si sposta alla
comunità italo-tedesca, ci sono stati i servizi di Radio Colonia,
che tra l’altro ha intervistato MarcoPalmieri .
6. Quali sono state le reazioni più significative del pubblico durante le presentazioni del libro, in particolare nelle scuole? Ha trovato che gli studenti fossero sufficientemente preparati e in grado di comprendere la spaventosa realtà della seconda guerra mondiale e della Shoah? Hanno posto domande (ed eventualmente di che tipo) o si sono limitati ad ascoltare? In quale segmento educativo ha riscontrato maggiore interesse? Ha saputo di seminari o di altri canali di approfondimento promossi dalle scuole su questi temi?
6. Quali sono state le reazioni più significative del pubblico durante le presentazioni del libro, in particolare nelle scuole? Ha trovato che gli studenti fossero sufficientemente preparati e in grado di comprendere la spaventosa realtà della seconda guerra mondiale e della Shoah? Hanno posto domande (ed eventualmente di che tipo) o si sono limitati ad ascoltare? In quale segmento educativo ha riscontrato maggiore interesse? Ha saputo di seminari o di altri canali di approfondimento promossi dalle scuole su questi temi?
Interesse e commozione, ovunque
molto forti, sono stati forse gli elementi dominanti, soprattutto quando è
stato possibile leggere brani del libro.
Sul piano scolastico, gli
studenti hanno accolto l’iniziativa con un entusiasmo composto e con
grande senso partecipativo e spesso hanno rivolto domande che denotavano
il desiderio di approfondire vari aspetti del libro.
Per quanto riguarda i livelli,
si va dalle medie alle superiori, con netta prevalenza di queste ultime,
anche perché in effetti l’argomento è più indicato per un
platea scolastica che corrisponde poi a quella, appunto, delle superiori.
Per quanto riguarda invece la
preparazione dei ragazzi, la risposta non è facile, perché siamo stati in
realtà scolastiche non omogenee. In questo caso, entrano in gioco
diverse variabili, quali il contesto urbano, la provenienza sociale, il tipo di
approccio che ogni docente dà al programma, la risposta della classe, la
disponibilità di materiale didattico funzionale alle attività scolastiche.
Siamo stati un po’ in
ogni ordine di scuola superiore: licei, tecnici, professionali, e non
posso dire di aver notato differenze particolari di sensibilità, anche se
forse nei licei a volte i ragazzi mi sono sembrati più preparati sul
periodo storico. Ma questo credo che dipenda soprattutto dal maggior
numero di ore che hanno i docenti delle materie interessate per sviluppare
temi che in altri tipi di scuola devono necessariamente essere appena accennati
o addirittura sacrificati.
Soprattutto in alcuni licei di
Roma, in Campania, in provincia di Frosinone, a Milano, a Palermo, a Rimini, in
Sardegna, a Siena, a Potenza, abbiamo riscontrato un fortissimo interesse.
Alcune classi hanno anche deciso di adottare il libro. I ragazzi hanno preso
parte attivamente alla discussione, ponendo domande intelligenti e
ringraziandoci per aver riportato alla luce documenti inediti.
Non di rado c’è stato
qualche studente che si è commosso e ha pianto durante la lettura dei brani del
libro. A volte abbiamo vissuto momenti di intenso silenzio, un silenzio che in
realtà tradiva una profonda commozione e comunque una tensione morale, da parte
dei ragazzi e del pubblico in genere, che va senz’altro a loro merito.
7. Da un punto di vista
geografico, in quali regioni ha riscontrato il maggiore interesse per
l’opera e comunque per i temi della sua attività di storico (con
particolare riguardo alla Shoah)?
Siamo
già stati - o è in programma la nostra presenza - in tutte le
grandi città italiane e ovunque, come dicevo sopra, abbiamo trovato un pubblico
fortemente motivato, anche, appunto, nelle scuole. Ad esempio al centro sociale
di Sarno, in Campania, e in una scuola
di Palermo, dove sono stati riuniti gli studenti di vari istituti, per consentire
loro di partecipare all’incontro programmato. L’uniformità
dei consensi deriva anche dal fatto che i deportati provenivano da varie
regioni, anche meridionali, contrariamente a quanto in genere si pensa.
8. In quante scuole è stato
presentato finora il volume? Sono previsti ulteriori incontri in ambito
scolastico? È stato presentato anche in qualche università?
È difficile calcolare il
numero, certamente sono decine, in gran parte d’Italia e ovunque, ripeto,
abbiamo trovato un’accoglienza che ci ha ampiamente ripagati degli sforzi
che abbiamo compiuto -e continuiamo a compiere- per andare nelle
varie sedi.
Per le università, invece,
ancora nessun invito. Vorrei ricordare comunque che il volume
precedente, quello sulla persecuzione degli ebrei sotto il fascismo, è
stato presentato nel 2011 presso l’Università di Bologna.
9. Negli incontri scolastici,
si è accennato - da parte delle autorità dei singoli istituti -
all’intenzione di adottare il testo e comunque di acquistarne delle
copie (sia cartacee che in formato e-book) per la biblioteca?
Molte classi hanno già
acquistato il libro (in qualche caso con i soldi degli
stessi ragazzi) e a volte (per esempio a Bologna, Rimini, Milano e
in varie città campane) è stato adottato a livello d’istituto o nelle
biblioteche di classe. Oltre a questo, copie del libro si trovano già in
diverse biblioteche d’istituto. Il
successo nella diffusione dipende anche dal prezzo accessibile, il che
rappresenta una scelta molto intelligente da parte della Casa Editrice.
10. Ritiene che la scuola
italiana faccia abbastanza per mantenere vivo il ricordo dei crimini
commessi dal nazismo? Al di là di questo, quali consigli si sentirebbe di
dare per scongiurare ‘il vuoto di memoria’ e potenziare
il ricordo delle vittime e delle immani tragedie causate dal delirio di potenza
di Hitler e di quanti lo hanno sostenuto fino alla fine?
Anche in questo caso la
risposta non è omogenea: dipende dal contesto, dai docenti, dalla loro
sensibilità, dai mezzi che le scuole hanno a disposizione.
Certamente la scuola può fare
moltissimo per ‘vaccinare’ i ragazzi contro un virus che
purtroppo è ancora in circolazione, come hanno dimostrato i recenti episodi di
Tolosa, di Roma e di Milano. L’enorme importanza della scuola è
emersa anche nell’intervista al Presidente dell’ Unione delle
comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, che ho pubblicato sul Mattino
del 20 marzo e che adesso si può leggere sul mio blog .
Nel salernitano e in Emilia
Romagna il libro è stato oggetto di adattamento teatrale scolastico, con
musiche e canzoni.
11. In genere i manuali
scolastici non riservano, al fenomeno dei deportati in Germania,
l’importanza che merita. Secondo lei da che cosa dipende questa
lacuna?
Da almeno due motivi: primo
perché la seconda guerra mondiale viene presentata quasi sempre come una serie
di eventi bellici, che sono poi quelli che rimangono più impressi nella memoria
del pubblico e nel caso specifico dei ragazzi; poi perché in Italia continua a
rimanere dominante una visione della resistenza soltanto come lotta armata, una
visione che forse è anche il frutto della Guerra Fredda.
Ma si tratta di una visione
limitata, perché, come noi abbiamo dimostrato, anche chi non ha imbracciato il
fucile, ma non ha collaborato con il regime, pagandone le conseguenze, può
essere considerato a tutti gli effetti un resistente.
12. Le presentazioni
dell’opera sono il frutto delle iniziative della Casa Editrice, oppure
lei stesso si è messo in contatto con le sedi che riteneva più
opportune per far conoscere il testo?
Sono quasi sempre il frutto
delle richieste, che, ripeto, ci giungono da ogni parte d’Italia.
Associazioni civili, scuole, club culturali, enti, librerie (a
partire dalla rete Einaudi): il ventaglio è molto ampio e devo confessare che
gli inviti sono così numerosi che davvero facciamo fatica a gestirli secondo i
tempi che ci vengono proposti, anche perché dobbiamo comunque svolgere altre
attività, a partire da quella giornalistica.
13. In quante e quali sedi
politiche è stato presentato finora il testo? Oltre a quelle che si sono
svolte presso le sezioni del PD di Roma del 14 e del 27-03-2012, ci sono
state altre presentazioni?
Come dicevo sopra, noi ci
muoviamo solo se ci arriva una richiesta.
Per quanto riguarda i partiti,
finora gli unici inviti sono arrivati dal PD. Se altri movimenti politici
decideranno di invitarci, non esistono motivi per rifiutare. Noi siamo sempre
pronti.
14. Lei ha spiegato che tra
le ragioni per cui il libro è uscito così tardi, vanno citati almeno la
ritrosia e il senso di colpa dei sopravvissuti, il fatto di temere di non
essere creduti, il rimorso per essersi salvati, lo scetticismo da parte di una
certa editoria, troppo attenta ai prodotti di mercato di facile consumo,
piuttosto che alla valorizzazione di opere di grande valore morale ed etico.
Insomma, per quanto riguarda i deportati, al loro ritorno in Italia essi
temevano forse che anche alle loro testimonianze potesse capitare il
destino di Se questo è un uomo, di Primo Levi, rifiutato da
diversi editori e accolto, al momento della sua prima pubblicazione
(1947), con un certo distacco, perché troppo vicino ad eventi tragici che
si volevano rimuovere, per iniziare una nuova vita?
Per i deportati politici, che
erano partigiani oppure resistenti civili, si può aggiungere che nel loro
silenzio ha pesato anche l’indifferenza con la quale sono stati accolti
al loro rientro in Italia, nonostante il valore e l’importanza anche
politica del loro sacrificio. Un misto di delusione e di amarezza, che forse li
ha ulteriormente fatti convincere del fatto che ogni loro discorso o manifestazione
fosse inutile, perché il Paese non ne voleva sapere. Spesso, quando
accennavano alle loro esperienze di deportati, si accorgevano
dell’insofferenza di chi li ascoltava. C’è da dire poi che, a
parte qualche caso, neanche le istituzioni hanno fatto molto: solo recentemente
Enrico Letta è riuscito a fare
assegnare ai deportati politici e agli internati una medaglia. A distanza di
quasi settant’anni. Una vergogna.
15. Si può tracciare una mappa
dell’appartenenza politica degli internati? Di quali gruppi e
schieramenti politici facevano parte?
Erano rappresentati un
po’ tutti i movimenti politici e le ideologie. Si andava dai
comunisti agli esponenti delle forze moderate e cattoliche. C’erano anche
diversi sacerdoti. Vorrei precisare comunque che diversi deportati non avevano
un passato di vera e propria militanza politica.
16. Quanti dei deportati che
sono riusciti a tornare in Italia sono ancora vivi? E quanti di questi
hanno già pubblicato libri di memorie sulla loro esperienza in Germania?
Dei circa 14.000 che sono
riusciti a tornare, non si conosce il numero esatto. Si può ipotizzare una
cifra che ruota attorno a qualche centinaio.
17. Esistono, o sono mai
esistite, forme di sostegno economico da parte dello Stato italiano verso chi è
stato deportato in Germania?
In parte ho già risposto.
Alcuni deportati sono riusciti, dopo molti sforzi e diverso tempo dalla
tragedia, ad ottenere una pensioncina, ma, a tutt’oggi, non esiste una
vera e propria legge che si faccia carico di tutelare questa particolare
categoria di vittime della guerra.
18. Come giudica la recente
decisione della Corte Internazionale
dell’Aja di sostenere la tesi tedesca in materia di risarcimenti
alle vittime delle stragi compiute in Italia dai nazisti dopo l’8
settembre 1943 (circa 10.000 civili massacrati)? Quanti sono
i contenziosi in corso avviati dai deportati e comunque dalle vittime del
nazismo nei confronti della Germania? E quanti, prima della
sentenza dell’Aja, hanno avuto esito soddisfacente?
E inoltre: sulla base di questa
sentenza, quali opportunità rimangono ai deportati sopravvissuti e
agli eredi di far valere le loro ragioni in tema di indennizzi da parte
della Germania? Secondo lei, i governi italiani del passato si sono
adoperati abbastanza per sostenere le rivendicazioni delle vittime?
Sull’argomento ho scritto
alcuni articoli, a cui rimando. Compaiono anche sul mio blog .
19. Secondo alcuni storici,
l’equivalenza fascismo = nazismo = comunismo non è
sufficientemente supportata da fatti concreti. Per esempio, si fa notare,
mentre nella Germania di Hitler e nella Russia di Stalin il potere era
davvero concentrato nelle mani di un unico capo (anche se circondato da
fedelissimi che controllavano ogni aspetto della società), in Italia, oltre a
Mussolini e ai suoi gerarchi (alcuni dei quali neanche troppo affidabili,
come emerse nella seduta del 25 luglio 1943), esistevano altri due
poli: il re, che pur essendo stato connivente con il fascismo per molti
anni, alla fine farà arrestare il ‘duce’; e il papa, che
pur ‘silenziato’ dagli accordi del 1929, rappresentava pur sempre
un elemento da non sottovalutare, in un Paese cattolicissimo come il
nostro (e lo si vide in alcune circostanze). D’altronde, si
aggiunge, le stesse leggi razziali del 1938, vennero sì applicate, ma
senza quella sistematicità e quella ferocia che caratterizzarono
l’antisemitismo tedesco. Per non parlare degli innumerevoli,
splendidi episodi di solidarietà e umanità da parte di nostri cittadini e
religiosi cattolici, solidarietà e umanità che hanno permesso la salvezza
di molti ebrei, come ha ricordato nel
2010 il Presidente della comunità ebraica romana, Riccardo
Pacifici. Questa solidarietà non ha riguardato soltanto l’Italia:
basti pensare alla grandiosa opera di salvataggio condotta da Giorgio Perlasca e dal
Nunzio Papale Mons. Angelo Rotta, nella Budapest del 1944, di migliaia di
ebrei, altrimenti destinati allo sterminio. Lei stesso (Gli
italiani e le leggi razziali:
indifferenza e complicità), ricorda che “Giovanni Gentile … in privato non fece
mancare atti di solidarietà verso gli ebrei, [anche se] in pubblico non
prese mai posizione contro le leggi razziali.”.
Condivide questa impostazione, oppure ritiene che fra i tre
regimi -e soprattutto tra fascismo e nazismo- le differenze siano
minime e comunque irrilevanti?
Il compito delle storico deve
essere quello di esaminare gli avvenimenti in modo obiettivo, di ricostruire i
fatti senza pregiudizi o faziosità. È tanto vero quello che dico, che nel
libro sugli internati militari io e Marco Palmieri abbiamo lasciato
spazio anche a quelle figure che, per una loro scelta personale, non
condivisibile dal punto di vista valoriale, hanno aderito alla RSI. Si
tratta di una scelta che va riportata con obiettività e onestà
intellettuale, perché questo fa parte della deontologia dello storico e del
giornalista.
Ma io ho parlato, ad esempio,
anche delle divisioni che ci sono state all’interno della Resistenza.
In Generazione ribelle parlo del fratello di Pasolini. [Guido
Pasolini (1925-45): venne trucidato, assieme ad altri ventuno
partigiani della Brigata Osoppo a cui appartenevano, il 7 febbraio 1945 a Porzûs, da
un gruppo di gappisti comunisti. La strage rappresenta una delle
pagine più drammatiche della Resistenza italiana.]
Detto questo, come ricordava
Primo Levi, noi italiani abbiamo il triste primato di aver
“inventato” il fascismo e di averlo esportato nel mondo. È noto che
Mussolini rappresentava per Hitler un idolo, un modello.
Per quanto riguarda la
prospettiva storiografica che lei ricorda, credo che si debba affermare con
forza che, pur con tutte le differenze con gli altri regimi, il fascismo
italiano non si è limitato a sospendere per un ventennio le libertà civili e di
opinione nel nostro Paese, ma ha commesso crimini molto gravi sia contro gli
oppositori sia contro gli ebrei e si è reso complice della politica di sterminio
messa in atto dal nazismo. Anche la società italiana ha le sue
responsabilità. Ad esempio, al di là di singoli casi di solidarietà, mancò un
vero e proprio fronte compatto di reazione, di condanna aperta contro le leggi
razziali del 1938 che Mussolini decise di imporre ad un Paese che, non
dimentichiamolo, in quel periodo storico era ancora libero dal giogo tedesco.
20. Lei e Palmieri dirigete per
la Casa Editrice Marlin una
collana che si propone di raccogliere testimonianze dirette sui due
conflitti mondiali. Ha ricevuto molto materiale, finora, e di che tipo? Le è mai capitato di ricevere documentazione falsa e comunque poco
affidabile? E più in generale, il tema del falso delle fonti,
secondo lei, rappresenta un problema per la sua attività?
Sì, riceviamo continuamente
diari, memorie, lettere. Fino a questo momento non abbiamo dovuto
affrontare il problema del falso, perché tutta la documentazione che
abbiamo reperito è autentica, come risulta dai manoscritti originali, dai
timbri postali, etc. Questo problema, quindi, non si è ancora posto, e
speriamo che non si debba porre. Per quanto riguarda questa collana della
Marlin, vorrei precisare però che si occuperà anche di altre guerre del
Novecento, oltre a quelle che ha citato, come ad esempio la guerra di Etiopia.
21. Questo è il terzo volume, per la Casa Editrice Einaudi, che ha realizzato in collaborazione con Marco Palmieri. Quando è nata l’idea di scrivere a quattro mani? E inoltre: in che modo vi siete divisi il lavoro e quali problemi avete incontrato (se li avete incontrati) a lavorare in coppia?
La collaborazione con Marco
Palmieri è iniziata già con Generazione ribelle, tra il 2004 e il 2006.
Lui mi diede una mano a reperire una serie di documenti. Da allora sono anni,
ormai, che lavoriamo insieme, con passione civile, grande serenità e profondo
spirito d’intesa.
22. Oltre a svolgere
un’intensa attività professionale, lei gestisce un sito e un blog,
entrambi di eccellente qualità. Inoltre, è Web-master di altri siti.
Secondo lei, che ruolo può svolgere la rete nella conoscenza di un periodo
storico forse unico nella storia dell’umanità - un autentico museo
degli orrori - come la seconda guerra mondiale?
Il ruolo della rete è
notevole: il web rappresenta una straordinaria opportunità di conoscenza e
di scambio di opinioni. Ma è anche una fonte di pericoli, perché proprio
attraverso la rete passano messaggi razzisti e di odio, che in soggetti fragili
o addirittura già predisposti possono provocare comportamenti violenti. In
Italia esistono centinaia e centinaia di siti nazisti, neofascisti e
antisemiti.
23. Ritiene che l'azione di contrasto nei confronti di questi siti sia adeguata?
Per combattere questi siti si dovrebbe fare molto di più, perché i gruppuscoli si stanno sviluppando in modo preoccupante e purtroppo, a giudicare dai casi di intolleranza e di violenza verso chi la pensa diversamente da loro e verso la comunità ebraica, fanno dei proseliti.
23. Ritiene che l'azione di contrasto nei confronti di questi siti sia adeguata?
Per combattere questi siti si dovrebbe fare molto di più, perché i gruppuscoli si stanno sviluppando in modo preoccupante e purtroppo, a giudicare dai casi di intolleranza e di violenza verso chi la pensa diversamente da loro e verso la comunità ebraica, fanno dei proseliti.
24. In un’intervista, lei
ha detto che la sua prossima opera riguarderà sempre la storia della
seconda guerra mondiale, vista però dalla parte opposta, cioè dei fascisti
(‘dei fratelli che hanno sbagliato’, vorrei aggiungere io,
per usare una locuzione introdotta qualche anno fa da Luciano
Violante). Può fornire ulteriori dettagli, su questo lavoro e su altri
progetti futuri?
In realtà, il mio prossimo
libro è una biografia del colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo,
intitolata Il
partigiano Montezemolo, a cui ho dedicato già qualche articolo, che si
può leggere sul mio blog. Sì, stiamo lavorando anche ad un volume sui ragazzi
di Salò. Ci interessa capire soprattutto il perché delle loro scelte,
delle loro motivazioni, che li hanno portati a schierarsi dalla parte
sbagliata, al fianco della dittatura, di fatto con Hitler, contro i loro
fratelli che lottavano per la libertà. Ripeto: si tratta di scelte di
campo molto impegnative, non condivisibili, ma che vanno conosciute, studiate,
interpretate, cercando di non liquidare il tutto con giudizi sommari o
addirittura con il silenzio, ancora più mortificante per chi, comunque, ha
combattuto per una causa, sia pure sbagliata, in cui credeva.
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