di
Gabriele Le Moli
Un
'partigiano con le stellette', militare di carriera, monarchico e anticomunista
che, in ottimi rapporti sia con la Chiesa sia con l'ala 'rossa' del movimento di
liberazione, svolse un ruolo fondamentale nella lotta contro i nazifascisti a
Roma e nell'intera Italia occupata. E' il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di
Montezemolo, martire alle Fosse Ardeatine, una delle figure centrali ma anche
fra le meno conosciute della Resistenza sulla quale oggi, a quasi settant'anni
dalla morte, una biografia contribuisce a riportare piena luce.
'Il
partigiano Montezemolo' dello storico Mario Avagliano, in questi giorni in
libreria, ricostruisce attraverso un certosino lavoro di ricerca negli archivi
di tutta Italia, ma anche attraverso testimonianze dirette e interviste a
protagonisti della vicenda resistenziale ed ai familiari, ed un pignolo studio
dei documenti, alcuni dei quali del tutto inediti, la vita e la figura di colui
che guidò il Fronte Militare Clandestino. In uno stretto intreccio fra
interesse storico, precisione documentaristica e gusto del racconto, si dipana così
l'intera vicenda umana - pubblica e privata – di Montezemolo, dalle sue
origini piemontesi alla decisione di arruolarsi volontario nella Guerra di
Spagna, fino al ruolo avuto nel secondo conflitto mondiale e nel colpo di stato
che destitui' Mussolini (fu segretario particolare di Badoglio dopo il 25
luglio 1943) e poi come capo della resistenza militare in Italia e a Roma, fino
alla cattura, la prigionia e la tragica fine.
Una
storia unica e allo stesso tempo paradigmatica, che incarna perfettamente i
palpiti e le tensioni dell'Italia nel primo dopoguerra e nel Ventennio, sempre
coerente con gli ideali della lealta' alla Patria, nel suo caso identificata
con le sorti della Corona. Montezemolo segui' quegli ideali fino all'ultimo, compiendo
scelte sempre difficili se non eroiche, come certamente fu la decisione di
passare in clandestinita' rifiutando, da comandante militare - e come tale
ergendosi a simbolo dell'analoga scelta compiuta da tanti altri militari come
lui - l'adesione alla repubblica di Salo', pur senza abbandonare la stella
polare della monarchia. E diventando, caso piu' unico che raro, da badogliano e
moderato qual era, il vero punto di riferimento degli Alleati da una parte, e
del Cnl dall'altro, come organizzatore della Resistenza e tessitore instancabile
di una fondamentale rete di intelligence militare per il governo Badoglio e per
le forze anglo-americane. Scelte e posizioni che pago' consapevolmente con la
vita, ma che lo relegarono in ambito storiografico in una sorta di ''zona grigia''
- lontano dalle agiografie piu' marcatamente politicizzate - che il lavoro di
Avagliano contribuisce ora a rischiarare.
Ad
arricchire il volume contribuisce anche un ampio corredo documentario,
iconografico e fotografico che riporta anche visivamente l'attenzione del
lettore sulle vicende di Roma dopo l'8 settembre.
Fra
le tante riportate, una testimonianza più di tutte evidenzia
l'importanza della figura del colonnello: e' una lettera privata del comandante
in capo delle forze alleate in Italia, generale Harold Alexander, inviata alla
vedova di Montezemolo un mese dopo la liberazione di Roma: Dear Marchesa Montezemolo,
desidero esprimere la mia profonda ammirazione e la mia gratitudine per l'opera
inestimabile e coraggiosa svolta da Suo Marito a vantaggio degli Alti Comandi
Alleati ed Italiani durante l'occupazione germanica di Roma. Nessun uomo
avrebbe potuto far di piu', e dare di piu' alla causa del suo Paese e degli
Alleati di quanto Egli fece: ed e' ragione di rimpianto per me che Egli non
abbia potuto vedere gli splendidi risultati della sua inalterabile lealta' e
sacrificio personale. Con Lui l'Italia ha perduto un grande Patriota e gli
Alleati un vero amico.
(Ansa,
4 maggio 2012)
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