Per questo saggio lo scrittore salernitano Avagliano sarà premiato con il “Fiuggi storia 2012”
di Alfonsina Caputano
Un personaggio che era considerato dal comandante della Gestapo a Roma Herbert Kappler il più temuto degli avversari e dal capo delle Forze Alleate, il generale Alexander, il militare più ammirato. Ma anche un uomo che amava la sua famiglia ed era animato da un sano sentimento di patriottismo, che fu la bussola che orientò tutte le scelte. Tutto questo era il colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo, comandante del Fronte militare clandestino e martire delle Fosse Ardeatine. La sua figura sopra le righe, di partigiano con le stellette, è stata delineata dal giornalista e storico Mario Avagliano nel libro “Il partigiano Montezemolo” (Dalai Editore). Il volume oggi varrà all’autore il premio “Fiuggi Storia 2012” nella sezione biografie.In che modo si è avvicinato alla figura di Montezemolo?
Il primo contatto con Montezemolo, antenato di Luca di Montezemolo, lo ebbi quando studiai la figura del cavese Sabato Martelli Castaldi, medaglia d’oro alle Fosse Ardeatine e suo collaboratore. In quell’occasione raccolsi del materiale, che poi ho approfondito.
Chi era Montezemolo?
Un colonnello di origine piemontese e di nobile lignaggio, che aveva fatto la grande Guerra e combattuto nella guerra civile spagnola. Militare di carriera, monarchico e anticomunista, Montezemolo era ufficiale dello Stato Maggiore dell’Esercito e segretario particolare di Badoglio dopo il 25 luglio 1943.
Quale fu il ruolo che ricoprì dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943?
Comandava il Fronte militare clandestino che avrebbe dovuto coordinare le formazioni partigiane romane con diramazioni in tutta l’Italia occupata dai nazifascisti. Inoltre a lui fu affidata l’organizzazione dei servizi segreti. Due ruoli importanti che ricopriva celandosi dietro l’identità dell’ingegnere Giacomo Cataratto.
Come giunse ad essere fucilato alle Fosse Ardeatine insieme ad altri 334 civili?
Fu catturato il 25 gennaio 1944 e portato nelle carceri di via Tasso dove fu torturato per 58 giorni. Ma dopo l’attentato a via Rasella nel 24 marzo 1944, in cui furono uccisi 33 tedeschi, fu inserito nella lista di coloro che dovevano essere fucilati nella rappresaglia.
Com’era il Montezemolo uomo?
Dalle testimonianze si desume che dovesse essere un uomo dal carattere coraggioso e determinato. Quando morì, a 42 anni, aveva avuto già cinque figli dalla moglie Amalia, la figlia del medico di famiglia e quindi non una nobile, che sposò per amore e che affettuosamente chiamava Juccia.
Perché, secondo lei, di un eroe come Montezemolo non si ha memoria storica?
Perché non rispettava i cliché dei partigiani. Il suo personaggio è stato oscurato dalla storiografia post bellica come è accaduto a molti altri protagonisti della Resistenza di matrice moderata. Con questo saggio spero di aver, almeno in parte, contribuito a farlo conoscere anche alle giovani generazioni.
(La Città di Salerno, 22 settembre 2012)
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