lunedì 7 marzo 2011

C’è ancora democrazia in Occidente? La Biennale Democrazia 2011 riflette sul potere delle oligarchie... Mio articolo su il Messaggero del 7 marzo 2011


L'interesse dei pochi, le ragioni dei molti

di Mario Avagliano

C’è ancora democrazia in Occidente? Oppure la vita pubblica dell’Italia e delle altre Nazioni del Club dei Paesi ricchi è influenzata in modo crescente da potenti oligarchie politiche, economiche e culturali? È il grande interrogativo proposto dall’edizione 2011 di Biennale Democrazia, che si terrà a Torino dal 13 al 17 aprile, coordinata da Gustavo Zagrebelsky e intitolata “Tutti. Molti. Pochi”. Una kermesse che vedrà centocinquanta protagonisti della cultura nazionale e internazionale confrontarsi in cinque giorni di incontri, lezioni, forum, letture e spettacoli, e che sarà aperta da una lectio magistralis del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi e da un’esibizione di Roberto Benigni, che reciterà e commenterà il VI Canto del Purgatorio di Dante.
Biennale Democrazia 2011 propone un programma ricco di stimoli e di spunti interessanti, dalle lezioni sui discorsi di Barack Obama e Nelson Mandela al federalismo, dalla mappa del potere in Italia al declino dell’America e all’irresistibile ascesa della Cina, con frequenti incursioni sul tema dei 150 anni dell’Italia (Risorgimento e Antirisorgimento, Cavour, il rapporto tra Chiesa e Stato, i libri che hanno fatto l’Unità d’Italia), e una serie di eventi-spettacolo, l’ultimo dei quali è la “lettura pubblica autorizzata” di Antonio Albanese e Michele Serra. 
Einaudi ha pubblicato un’utile guida intellettuale alla manifestazione torinese, L’interesse dei pochi, le ragioni dei molti. Le letture di Biennale Democrazia (261 pagine, euro 18), a cura di Pier Paolo Portinaro, che uscirà in libreria l’8 marzo e costituisce anche un breviario per affrontare alcune delle principali questioni della democrazia nel mondo di oggi. Come scrive Gustavo Zagrebelsky nell’introduzione, “Il tempo della democrazia non è quello in cui tutto è pacificato. Non è il regno dell’armonia, della giustizia e della concordia. Finché ci sarà politica, ci saranno conflitto, ingiustizia e discordia. La questione non è come eliminarli, ma come affrontarli”.
Il saggio raccoglie quindici contributi firmati da alcuni tra i più qualificati studiosi italiani in varie  discipline, da Anna Caffarena a  Luciano Canfora, da Ernesto Galli della Loggia a Gian Enrico Rusconi, passando per Nadia Urbinati, Massimo Salvadori e Francesco M. De Sanctis, legati tra loro dal filo rosso del conflitto tra le oligarchie del potere, della cultura e della ricchezza, e le ragioni del bene collettivo.
Ragioni che, tuttavia, non debbono essere confuse né sostituite con il “potere assoluto della maggioranza”, come osserva De Sanctis nel suo bell’intervento, intitolato Tocqueville: religione e democrazia, che scandaglia le origini delle riflessioni sulla democrazia del grande filosofo francese, considerato il padre del pensiero liberale, autore de La democrazia in America, raccontando le sue prime impressioni sugli Stati Uniti (dove soggiornò tra il 1831 e il 1832), anche attraverso il rapporto epistolario con il cugino Louis de Kergorlay.
Anche dover sottostare al potere della maggioranza può rappresentare una “servitù”. Illuminante a tal proposito il brano dello stesso Tocqueville con cui si chiude il contributo di De Sanctis: “Per quanto mi concerne, quando sento la mano del potere che preme sulla mia fronte, m’importa poco di sapere chi mi opprime, né sono meglio disposto a chinare la testa sotto il giogo, per il solo fatto che un milione di braccia me lo impongono”. Quant’è difficile l’esercizio della libertà, anche in democrazia.

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