sabato 26 marzo 2011

Ebrei di Libia, l'orgoglio e la ferita

Libia 1943
Coexistence, Persecution, Resettlement. Il sottotitolo dello studio di Maurice Roumani, riassume con efficacia le tre fasi che hanno scandito la storia recente degli Ebrei di Libia: dalla coesistenza - di antica data ma sempre faticosa e precaria - all’occupazione italiana alle leggi razzial, alle vicende della guerra e alle violenze di massa fino alle difficoltà del nuovo insediamento, in Israele dapprima ed in Italia infine. Tra il 1949 ed il 1952 circa il 90 per cento dei 36 mila ebrei libici emigra in Israele, mentre è del 1967 l’esodo finale in Italia: il cerchio si chiude simbolicamente il 10 ottobre 2003, quando Rina Debash, ultima presenza ebraica in Libia, ottiene il permesso di lasciare Tripoli, epilogo che recide definitivamente una storia secolare. con la tesi che l’autore – nato a Bengasi e vissuto in Libia fino al 1961, ora Associate Professor di Political Science and the Middle East all’Università Ben Gurion – dichiara fin dalle prime pagine. Se altre minoranze hanno potuto continuare a vivere nel Medio Oriente, sia pure in conflitto con la maggioranza e costituendo una costante spina nel fianco per gli stati arabi, la minoranza ebraica in Libia, così come altre minoranze ebraiche in paesi arabi e musulmani, non avrebbe in nessun modo potuto sopravvivere all’assalto del nazionalismo arabo e del panislamismo se non abbandonando il proprio paese d’origine.
Conclusione, questa, in linea
Una vicenda dunque in qualche senso inevitabile, che Roumani illustra molto accuratamente nei sei intensi e a volte drammatici capitoli che costituiscono il volume. Il primo di essi (The Changing Fortunes of Libyan Jews under Italian Colonialism), riguarda il periodo che va dal 1911 al 1943 e illustra la nascita del sionismo in Libia, i controversi atteggiamenti di fronte alla politica coloniale (dalle iniziali speranze di “modernizzazione” da parte dell’élite ebraica libica,
alla diffidenza dei gruppi tradizionalisti, alla resistenza rispetto alla “italianizzazione” promossa dal regime) e il precipitare della situazione con le leggi razziali del 1938.
Il secondo capitolo (The British Military Administration: Hopes and Disillusion), analizza il  processo di integrazione fra le tre regioni libiche – Tripolitania, Cirenaica e Fezzan – fino alla dichiarazione di indipendenza della Libia nel dicembre 1951, ampiamente favorito dalla politica britannica favorevole al regime Senussi, mentre pagine particolarmente intense sono dedicate ai pogrom del 1945 e del 1948.
Il terzo capitolo (The Role of International Jewish Organizations: Rehabilitation and Protection of Minority Rights) è interamente dedicato al ruolo fondamentale svolto dalle organizzazioni ebraiche, che rendono possibile una qualche forma di riorganizzazione della comunità dopo le violenze subite e l’emigrazione in Israele. Una particolare attenzione analitica è rivolta in queste pagine alle attività del World Jewish Congress, dell’American Jewish Committee e dell’Anglo Jewish Association che svolgono soprattutto una attività politica di tutela dei diritti della minoranza ebraica nella Libia, ormai stato arabo indipendente, e agli sforzi dell’American Joint Distribution Commitee e dell’Alliance Israélite Universelle, tesi piuttosto a provvedere un sostegno sociale, economico medico e culturale.
Il quarto capitolo (The Choice of Israel) e il quinto (Settlement in Israel: The Pains of Displacement and the Difficulties of Absorption) trattano dell’esodo in Israele e delle difficoltà del processo di assorbimento.
Sono due capitoli ricchissimi di dati ed è anche la sezione del libro in cui la strategia interdisciplinare dell’autore ottiene i risultati più convincenti: la prospettiva storico politica diventa anche sociologica avvalendosi non solo di dati d’archivio ma anche, ed in misura sensibile, di interviste dirette con testimoni, così che il carattere di ricostruzione “dall’interno”, propria dell’intero volume risulta più evidente, ancorché disciplinata dal “distacco” analitico proprio dello studioso.
L’ultimo capitolo (Closing the Circle in 1967: the Final Exodus and ist Challenges) tratta gli eventi drammatici che determinano la partenza degli ultimi 4mila 500 ebrei libici del loro trasferimento in Italia: molte e acute pagine sono dedicate ai problemi dell’integrazione in Italia, ed alle relazioni con la comunità ebraica italiana. Il lettore italiano, che conosce la ricostruzione storica di De Felice (Ebrei in un paese arabo. Gli ebrei nella Libia contemporanea tra colonialismo, nazionalismo arabo e sionismo) o ricostruzioni a metà strada fra il saggio e la memoria (come E venne la notte. Ebrei in un paese arabo, di Victor Magiar) apprezzerà particolarmente, di questo appassionato e insieme “freddo” volume, i tre capitoli centrali, ricchissimi di dati analizzati con attenzione da molti punti di vista, che restituiscono vividamente il quadro complesso e tormentato del Resettlement, e che costituiscono il più originale contributo dell’autore. Un resettlement che costituisce tutt’altro che un rassegnato adattamento alla nuova situazione: con una punta di giustificato orgoglio l’autore scrive che, forti di tradizioni mai abbandonate e nonostante un distacco tragico, “Gerusalemme e Roma sono diventati i poli della rinnovata comunità degli ebrei di Libia”.

(Enzo Campelli, Pagine Ebraiche, n. 4, 1° aprile 2011)

IL LIBRO

THE JEWS OF LYBIA.
Coexistence,
Persecution,
Resettlement
Sussex Academic Press
Pagine: 310

MOURICE M. ROUMANI

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