giovedì 5 maggio 2011

"Caro diario, oggi il Duce mi ha baciata". Storie e memorie: gli appunti della Petacci e i "Taccuini mussoliniani" raccolti da De Begnac

di Mario Avagliano

L’enigma Mussolini. Cosa pensava il capo del fascismo del conflitto mondiale? Quali erano i suoi reali rapporti col Vaticano e gli altri leader europei, da Hitler a Churchill? Molti aspetti della vicenda politica e umana di Benito Mussolini restano un mistero storico da risolvere. È uno dei motivi per cui nel dopoguerra si è scatenata la caccia ai suoi diari. Una ricerca che, tra bufale e presunti scoop, ha visto protagonisti storici, giornalisti e studiosi e la cui cronaca è stata raccontata nel recente saggio di Enrico Mannucci Caccia grossa ai diari del duce (Bompiani, pagine 276, euro 18).

Un giallo che è ben lungi dall’essere svelato, tanto che la Bompiani, pubblicando a dicembre la prima delle cinque agende (1935-1939) recuperate in Svizzera dal senatore e bibliofilo Marcello Dell’Utri, dedicata all’anno 1939, ha sentito il dovere di mettere le mani avanti, titolando la raccolta: I diari di Mussolini (veri o presunti). Posizione ribadita anche dal quotidiano “Libero”, che a febbraio ha proposto ai suoi lettori il diario a puntate.
Chi invece non ha dubbi sulla falsità dei testi è Mimmo Franzinelli, che nel saggio appena uscito Autopsia di un falso. I Diari di Mussolini e la manipolazione della storia (Bollati Boringhieri, 170 pagine, euro 16), riprendendo le riserve già espresse in passato da Emilio Gentile, Luciano Canfora e Giordano Bruno Guerri, da vero detective della Storia ha ricostruito l’intera vicenda, dimostrando, con prove da lui ritenute inoppugnabili, che le agende sarebbero palesemente artefatte.
Il fatto ancora più clamoroso è che sarebbero le stesse fabbricate a Vicenza a metà degli anni Cinquanta, assemblando fonti d’archivio, da Rosa e Amalia Panvini, madre e figlia, che le vendettero per 22 milioni di lire ad Arnoldo Mondadori, ma colte in fallo confessarono e furono condannate per truffa e falso con sentenza del Tribunale di Vercelli confermata in appello.
In attesa che saltino fuori, se ancora esistono, i testi autografi del dittatore, conviene allora affidarsi a due fonti di prima mano del suo pensiero: i diari dell’amante Claretta Petacci, di cui sono appena uscite le annate 1939-1940, Verso il disastro. Mussolini in guerra (Rizzoli, pagine 463, euro 21,50), e i Taccuini mussoliniani (pagine 648, euro 19) del giornalista Yvon De Begnac, da poco ristampati da Il Mulino.
Claretta riporta con minuzia la cronaca degli incontri amorosi col duce, ma anche dei colloqui di Mussolini con i principali personaggi dell’epoca, delle sue telefonate, dei suoi giudizi su collaboratori e leader esteri, in giornate cruciali per l'entrata in guerra dell’Italia. È un Mussolini duro, non di rado sferzante. La lettura è di sicuro interesse, anche se da prendere con le molle, visto che l’autrice è influenzata dal suo sentimento per il duce.
Toni ben diversi sono quelli dei Taccuini mussoliniani. Il lunedì di Pasqua del 1934 il ventunenne De Begnac, già autore di un libro sul duce (Trent’anni di Mussolini 1883-1915), in virtù della raccomandazione di Galeazzo Ciano, ebbe l’onore di essere ricevuto a Palazzo Venezia. Mussolini prese in simpatia il giovane giornalista, accettando la sua proposta di scrivere una monumentale opera su di lui. Da quel giorno e fino alla caduta del fascismo nel luglio del 1943 si susseguirono numerosi incontri.
La biografia non fu mai completata (uscirono 3 volumi degli 8 previsti), ma a De Begnac  rimase un mare infinito di appunti sui lunghi monologhi del duce, in gran parte rimasti inediti fino a quando la casa editrice il Mulino li pubblicò nel 1990, a cura di Francesco Perfetti. Nella prefazione Renzo De Felice ne sottolineò la straordinaria importanza al fine di “cercare di penetrare la personalità di Mussolini".
I taccuini di De Begnac sono una miniera di pensieri e di aforismi mussoliniani sulla storia, la letteratura, la vita, i personaggi del suo tempo. È un Mussolini più riflessivo, meno umorale di quello dei diari della Petacci. D’altronde è diverso l’interlocutore: un intellettuale e giornalista. Sorprendono i giudizi positivi su antifascisti come Giovanni Amendola (di cui apprezza il coraggio e la serietà) e il sindacalista Alceste De Ambris, meno le critiche ad alcuni suoi stretti collaboratori, l’attacco all’Illuminismo e una certa nostalgia del suo passato di socialista rivoluzionario, le cui suggestioni riaffioriranno nella breve e tragica esperienza di Salò.

(Il Mattino, 5 maggio 2011, pagina 21)


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