di Mario Avagliano
Pio XII fu il Papa dei silenzi sulla Shoah o il Papa che aprì le porte delle chiese e dei monasteri agli ebrei? La questione storiografica è ancora aperta e continua ad infiammare gli animi, anche in vista della possibile beatificazione di Papa Pacelli, in itinere da parte della Chiesa e contestata da Israele e dalla comunità ebraica italiana. Pochi giorni fa il Prefetto dell’Archivio segreto del Vaticano, monsignor Sergio Pagano, ha assicurato che entro 3-4 anni saranno resi accessibili tutti i documenti del pontificato di Pio XII tra il 1940 e il 1945 (al momento l’Archivio è consultabile fino al 1939, anno della morte di Pio XI). (Il Messaggero 25 luglio 2011, pag. 17)
Un assaggio si avrà nel febbraio 2012 al Campidoglio, con la mostra Lux in Arcana. L’Archivio segreto si rivela, che presenterà alcuni documenti relativi al genocidio degli armeni. In attesa dell’apertura degli Archivi vaticani, da tempo sollecitata dagli storici, emergono nuovi documenti e testimonianze che attestano che Pio XII si attivò in favore di ebrei sia negli anni di guerra che dopo l’occupazione tedesca di Roma.
Una delle fonti inedite sull’atteggiamento di Pio XII verso gli ebrei è il prezioso archivio di monsignor Giuseppe Palatucci, zio di Giovanni (l’eroico questore di Fiume dichiarato “Giusto tra le Nazioni”) e vescovo di Campagna, cittadina del Salernitano che fu sede di un campo di concentramento fascista nel quale, a partire dal 1940, vennero rinchiusi gli ebrei stranieri e quelli ritenuti pericolosi. Angelo Picariello, su Avvenire, ha svelato che Papa Pio XII donò somme cospicue al vescovo di Campagna per aiutare le centinaia di ebrei assegnati al campo di internamento voluto dal regime fascista nella cittadina salernitana.
Lo testimonia una precisa direttiva del Santo Padre, che si evince già da una lettera datata 20 settembre 1940 del canonico della cattedrale, don Alberto Gibboni, il quale venne ricevuto dal cardinale Domenico Tardini, sostituto della Segreteria di Stato: “Per il sussidio – scrisse don Gibboni al vescovo – mi ha mandato a monsignor Montini (il futuro Papa Paolo VI, ndR), il quale spedirà subito a lei una somma coll’istruzione per distribuirla tra gli internati. Per l’avvenire mi ha detto che ci tratterà come Genova: ogni volta che busseremo, ci aprirà”. Denaro che, come precisò in una missiva del 2 ottobre 1940 il segretario di Stato cardinale Luigi Maglione, “l’Augusto Pontefice” dispose fosse “preferibilmente destinato a chi soffre per ragioni di razza”.
Le donazioni del Vaticano in favore degli ebrei internati nel campo si ripeterono per tutta la durata del loro internamento (dal 1940 al 1943), raggiungendo la rispettabile cifra di circa centomila lire, come ricordò lo stesso Palatucci in una testimonianza resa in Israele nel 1953.
L’aiuto di Papa Pio XII agli ebrei si intensificò nell’autunno del 1943, dopo l’occupazione tedesca di Roma e dell’Italia centro-settentrionale. Di recente l’attuale segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, ha rivelato che il 25 ottobre 1943 la Santa Sede emanò una circolare, voluta da Papa Pacelli, in cui si «forniva l’orientamento di ospitare gli ebrei perseguitati dai nazisti in tutti gli istituti religiosi, di aprire gli istituti e anche le catacombe».
L’esistenza di questa circolare sembra suffragata dalle carte ritrovate dallo studioso Giovanni Preziosi (delle cui ricerche ha dato conto anche l’Osservatore Romano) presso l’archivio Generale della Società del Sacro Cuore, un istituto di diritto pontificio sul Gianicolo, fondato agli inizi del 1800 da Madeleine-Sophie Barat. Preziosi cita in particolare il Giornale della Casa «Villa Lante», nel quale le religiose annotavano tutti gli avvenimenti quotidiani.
Dalle annotazioni risulta che già il 6 ottobre monsignor Montini aveva convocato in Vaticano la superiora generale della Società del Sacro Cuore Manuela Vicente pregandola “in nome del Santo Padre, di alloggiare tre famiglie minacciate, come molte altre, di essere prese dai tedeschi” e successivamente (e qui le date corrispondono con quella della circolare) l’aveva esortata ad allestire adeguati rifugi presso le proprie case religiose allo scopo di dare asilo agli ebrei perseguitati.
Anche Mordechay Lewy, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, in occasione della cerimonia di attribuzione del titolo di “Giusto tra le Nazioni” a Don Gaetano Piccinini, ha affermato che Pio XII e la Santa Sede “hanno prestato aiuto agli ebrei ogni volta che hanno potuto”, sostenendo che a partire dal rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre del 1943 e nei giorni successivi “monasteri e orfanotrofi, tenuti da ordini religiosi, hanno aperto le porte agli ebrei e abbiamo motivo di pensare che ciò avvenisse sotto la supervisione dei più alti vertici del Vaticano che erano quindi informati di questi gesti”.
Dichiarazioni che hanno suscitato forti polemiche nel mondo ebraico, riprese con ampio spazio dai media israeliani, tanto che lo stesso Lewy ha corretto il tiro, definendo il suo giudizio storico “prematuro”. Mentre l'ambasciatore Sergio Minerbi, considerato uno dei massimi esperti nei rapporti fra Israele e Vaticano, ha commentato su Pagine Ebraiche: “Ciò che fecero numerosi religiosi cattolici aprendo le porte ai fuggiaschi ebrei lo fecero di loro spontanea volontà senza nessuna imboccata. Non ci sarebbe stato il tempo necessario e l’ordine non venne”.
(Il Messaggero 25 luglio 2011, pag. 17)
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