venerdì 15 luglio 2011

Sette ragazzi ebrei prima della tempesta, l'ultimo libro di Alessandra Chiappano

“Nell’autunno 1942 eravamo a Milano sette amici di Torino, ragazzi e ragazze, approdati per motivi diversi nella grossa città che la guerra rendeva inospitale … Euge era architetto, voleva rifare Milano, e diceva che il miglior urbanista era stato Federico Barbarossa. Silvio era dottore in legge, ma scriveva un trattato di filosofia su minuscoli foglietti di carta velina ed era impiegato in un’impresa di trasporti e spedizioni … Ada era mia cugina e lavorava alle edizioni Corbaccio: Silvio la chiamava bidottore perché aveva due lauree, ed Euge la chiamava cugimo che voleva dire cugina di Primo, del che Ada si risentiva un poco”.
Attraverso le parole di Primo Levi, all’inizio del racconto Oro (Il sistema periodico) conosciamo tre fra i sei protagonisti del libro di Alessandra Chiappano, Voci della Resistenza ebraica italiana, terzo volume della collana Ebraica storie memorie dell’editore aostano LeChâteau.

Euge (Eugenio Gentili Tedeschi) parteciperà poi alla resistenza in Val di Cogne, Silvio (Silvio Ortona) sarà comandante garibaldino nel Biellese, Ada (Ada Della Torre, che sposerà Silvio), farà la staffetta tra il Biellese, Ivrea e Torino. A loro si aggiungono i fratelli Franco e Mila Momigliano e Anna Maria Levi, sorella di Primo. Questi sei personaggi non hanno in comune solo il fatto di essere tutti ebrei piemontesi e di aver partecipato in qualche modo alla guerra di liberazione, ma anche una fitta rete di rapporti di amicizia e legami famigliari, per cui tutti si conoscevano e i loro racconti si intersecano, confermandosi a vicenda con una coerenza quasi sorprendente.
Anche Silvio, Ada ed Euge ricordano il gruppo di amici torinesi a Milano descritto in Oro; poi nel ‘43, come racconta Primo Levi, “nel giro di poche settimane ognuno di noi maturò, più che in tutti i vent’anni precedenti” e dopo l’8 settembre arriverà per tutti la scelta di impegnarsi nella resistenza: “Ci separammo per seguire il nostro destino, ognuno in una valle diversa” La caratteristica del libro della Chiappano, come evidenziato dal titolo, è di dare voce (dopo un’introduzione sulla resistenza ebraica, in particolare in Italia) ai protagonisti stessi di quelle vicende, attraverso racconti più o meno autobiografici scritti talvolta durante la guerra o poco dopo, altre volte a molti anni di distanza. Alcuni tra questi racconti sono inediti, altri sono stati pubblicati su riviste, in particolare sul bimestrale ebraico torinese HaKeillah. Nei brevi racconti di Ada Della Torre (alcuni autobiografici, altri di fantasia) si descrive la vita delle donne che affiancavano la resistenza, gli incontri clandestini, le imprudenze, la complicità della popolazione locale; ne emerge un’immagine più quotidiana e a volte autoironica, le stesse caratteristiche che si apprezzano nel suo romanzo autobiografico Messaggio speciale (Zanichelli, 1968; Editori Riuniti, 1979). Eugenio Gentili Tedeschi narra soprattutto la difficile traversata di un gruppo di partigiani nel novembre 1944 attraverso le montagne innevate dalla Val di Cogne alla Francia già liberata.
Silvio Ortona racconta la vita partigiana, dalle battaglie ai luoghi di pernottamento, ma non mancano riflessioni più ampie. Nei testi di tutti e tre è spesso protagonista la montagna piemontese e valdostana, tra mulattiere, pendii scoscesi, la nebbia che nasconde e protegge, colli da cui si aprono panorami mozzafiato: descrizioni che accrescono ulteriormente il fascino dei racconti, almeno per me, che ho frequentato a lungo la Val di Cogne descritta da Euge, e spesso proprio in compagnia di Ada e Silvio (grandi amici dei miei genitori). Nel racconto più lungo della raccolta Mila Momigliano narra l’arresto di suo fratello Franco, attivo in Giustizia e libertà, e i propri tentativi per tenere i contatti con lui e farlo evadere (la fuga è poi narrata dallo stesso Franco Momigliano). In un altro racconto descrive gli sforzi per tenerlo nascosto dopo l’evasione. Chiude il volume una breve intervista ad Anna Maria Levi, l’unica testimone rimasta tra i protagonisti di queste vicende. L’identità ebraica emerge da questi racconti occasionalmente, con la percezione (non sempre tenuta presente) di correre un pericolo più grave rispetto ai propri compagni di lotta, oppure con la descrizione dei genitori e parenti nascosti. Nella lotta di liberazione i giovani protagonisti si sentono uguali agli altri, e così sono percepiti, incontrando facilmente solidarietà. Nel testo Ero diverso, ufficiale ed ebreo (presentato nel 1995 a un convegno della Comunità ebraica di Milano sul tema della Liberazione), Silvio Ortona scriveva: “Molti di noi, ebrei della mia generazione, si sono formati una cultura e coscienza democratica mentre se la formavano milioni di altri italiani della stessa generazione; ciò attraverso le dure esperienze di quegli anni. A noi, italiani ebrei e non, toccò in sorte di passare dall’adolescenza o dalla giovinezza alla maturità in quegli anni grandi e terribili, che sono stati determinanti per la storia successiva ... Nelle nostre esperienze resistenziali non furono scindibili le motivazioni ebraiche da quelle italiane, perché l’azione si collocava di per sé, spontaneamente, naturalmente, in un quadro più generale, quello della conquista democratica per tutti in Italia e anche in Europa e idealmente nel mondo”. E conclude la sua riflessione citando Geremia (29,7): “Cercate il benessere della città dove vi ho esiliato, pregate il Signore per essa perché dal suo benessere dipende il vostro” e commenta: “È noto che non mi sento esiliato; ma tanto più considero essenziale l’appello del profeta in quanto non è in gioco soltanto il benessere "

Anna Segre, Pagine Ebraiche, Luglio 2011

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