di Anna Foa
Si è spento a Roma, a Villa Malta, nella sede della Civiltà cattolica di cui era redattore, Padre Piersandro Vanzan. Aveva appena settantasette anni. Era un ometto mite e gentile, ma capace di fermezza e di una straordinaria forza interiore. Quando combatteva per un’idea si illuminava tutto e sembrava trasformarsi. Solo negli ultimi tempi la malattia lo aveva come un poco smorzato, togliendogli ogni giorno un pezzetto di quella sua forza. Ed era questo il suo grande cruccio, non trovare più l’energia di scrivere, di elaborare le idee, di impegnarsi nelle sue battaglie culturali ed ideali. Erano tanti i suoi amici e le sue amiche, che avevano imparato ad amarlo oltre che a stimarlo, e io mi onoro di essere fra loro.
Era un intellettuale raffinato, un uomo di grande cultura, uno studioso al tempo stesso rigoroso ed aperto alle problematiche dell’oggi, un saggio non privo di ironia. Era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1952, era stato ordinato sacerdote nel 1963. Aveva insegnato Teologia pastorale alla Facoltà teologica di Napoli, e aveva poi insegnato all’Università Gregoriana. Faceva parte del Collegio degli scrittori della Civiltà Cattolica, di cui era stato anche vice-direttore. Collaborava attivamente a varie riviste e giornali, fra cui Vita Pastorale e Prospettiva Persona. Era autore di numerosissimi volumi e saggi, troppi per ricordarli tutti. I suoi nuclei d’interesse erano infatti variegati: si è occupato dello sviluppo della dottrina sociale della Chiesa in America Latina, della questione femminile nella Chiesa e del problema della differenza, del dialogo interreligioso, di santità laicale, della Shoah. Amava ricostruire vite obliate dalla Chiesa di figure eroiche di cattolici, e avviarle alla beatificazione, quali Joseph Mayr-Nusser, un altoatesino che fece obiezione di coscienza ad Hitler e morì sul vagone per Dachau, o Giovanni Palatucci, l’ultimo questore di Fiume che salvò migliaia di ebrei e morì anch’egli a Dachau. Le pagine di Civiltà Cattolica sono fitte di suoi articoli su questi temi e varrebbe, credo, la pena di raccoglierli in volume.
Su Giovanni Palatucci, sulla sua memoria, sulla sua causa di beatificazione, Padre Vanzan si era gettato con passione e cuore. Aveva scritto con Mariella Scatena un libro, Giovanni Palatucci. Il Questore ”giusto”, che dal 2001 ha conosciuto numerose edizioni e ha diffuso oltre quindicimila copie. Era l’anima, insieme a Monsignor Pietro Iotti e alla Polizia di Stato, dell’Associazione Palatucci. Si era impegnato con generosità nel recupero dell’edificio del vecchio convento domenicano di San Bartolomeo, a Campagna - in provincia di Salerno ma forse è meglio dire vicino all’Eboli di Carlo Levi - che fra il 1940 e il 1943 fu trasformato in un campo di internamento per ebrei stranieri, e dove Giovanni Palatucci fece arrivare per salvarli molti ebrei fiumani, in accordo con suo zio, vescovo appunto di Campagna. Se l’edificio del vecchio campo di internamento è ora un Museo, lo si deve in gran parte al suo entusiasmo e alla sua energia. Ci mancherà molto.
(L'Avvenire, 15 novembre 2011)
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