L’altra Resistenza nei lager
Le testimonianze dei deportati politici, una diversa forma di lotta
di Aldo Cazzullo
Nei campi di concentramento tedeschi, oltre agli ebrei costretti a portare la stella gialla, furono rinchiusi migliaia di partigiani, antifascisti e resistenti civili, con la tuta a strisce e un triangolo rosso all’altezza del cuore.
Ora la storia dimenticata dei deportati politici italiani viene raccontata per la prima volta attraverso i loro scritti. Centinaia di lettere e diari, documenti quasi tutti inediti, sono stati raccolti nel libro Voci dal lager. Diari e lettere di deportati politici 1943-1945 (Einaudi, pp. 419, euro 14), di Mario Avagliano e Marco Palmieri, che avevano già raccontato con le medesime toccanti modalità (il mosaico delle scritture private) le vicende degli internati militari e degli ebrei italiani perseguitati.
La memoria della deportazione politica è stata trascurata nel dopoguerra, ma il fenomeno riguardò circa 24 mila persone (1.500 donne) e quasi la metà di loro, oltre 10 mila, morirono nei Konzentrationslager nazisti. A Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Bergen-Belsen, Flossenbürg e nel lager femminile di Ravensbrück furono deportati, e spesso assassinati, italiani di ogni parte della penisola, antifascisti e partigiani di tutte le fedi politiche, operai colpevoli di aver scioperato e cittadini protagonisti di atti di Resistenza civile e senz’armi.
«Questa, Gemma è la mia guerra», scrive un deportato dall’interno del campo di Bolzano, «Sopporto rassegnato: il corpo potrà soffrire, l’anima potrà soffrire, ma una cosa non muore: l’Idea. E la Patria è l’idea divina», manda a dire a casa un altro deportato.
Il saggio di Avagliano e Palmieri inizia dal momento della cattura e delle torture subite in carcere – San Vittore a Milano, Marassi a Genova, le Nuove a Torino, il Coroneo a Trieste, Regina Coeli a Roma e così via – per estorcere informazioni sui compagni di lotta. «Mi martellarono in faccia qui al carcere, poi al loro covo», scrive Luigi Ercoli da Brescia. «Siccome non volevo parlare con le buone allora hanno cominciato con nerbate e schiaffi (non spaventarti). Mi hanno rotto una mascella (ora è di nuovo a posto). Il mio corpo era pieno di lividi per le bastonate; però non hanno avuto la soddisfazione di vedermi gridare, piangere e tanto meno parlare», scrive alla famiglia la staffetta partigiana Jenide Russo. Mentre in uno straordinario biglietto clandestino da Regina Coeli, Enrica Filippini Lera ci fa rivivere dall’interno il momento in cui vennero prelevati centinaia di detenuti trucidati dalle SS di Herbert Kappler alle Fosse Ardeatine: «Abbiamo passato ore angosciose che non potremo mai dimenticare. Ho avuto sempre tanta forza e tanto coraggio ma in quel momento ero come distrutta. L’orrore è qualcosa che stritola che distrugge. È come se mi avessero strappato dei figli e sono qui trepidante ancora e vorrei difendere tutti».
Voci dal lager è un’emozionante antologia, ma è anche un saggio politico, incentrato su due concetti non scontati: c’è una continuità tra la repressione del regime e l’occupazione nazista; e la resistenza non fu solo fazzoletti rossi e “Bella ciao”, ma opera di militari, ebrei, donne, civili. Come osservano Avagliano e Palmieri, “non si è ancora riflettuto a fondo sul fil rouge che lega la soppressione delle libertà politiche e civili durante il Ventennio 1922-1943 e la successiva repressione di ogni forma di opposizione armata, politica, sindacale e civile nel tragico epilogo della Repubblica di Salò e dell’occupazione tedesca del 1943-1945”.
Un dato esemplificativo: oltre il 25% dei deportati fu catturato in operazioni di rastrellamento e su 716 operazioni di cui si conosce la composizione dei reparti che le eseguirono, ben 224 (il 31,3%) furono condotte da unità militari o di polizia della Repubblica Sociale.
Una parte della storiografia fa tuttora fatica a considerare i deportati e i prigionieri politici (nonché gli internati militari) come protagonisti a pieno titolo della Resistenza e della guerra di Liberazione, al pari dei partigiani che combatterono nelle città, sulle montagne o all’estero, nonostante il collegamento diretto tra gli uni e gli altri, che risulta evidente anche dalle lettere e dai diari proposti nel saggio di Avagliano e Palmieri. E se ciò poteva essere comprensibile nell’immediato dopoguerra, quando la Resistenza era considerata esclusivamente come una guerra militare e armata, lo è molto meno oggi, dopo gli studi che hanno analizzato e riportato in piena luce la rilevanza della resistenza cosiddetta civile e senz’armi in tutta Europa.
(Corriere della Sera, 17 gennaio 2012, p. 41)
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della Sera
Il sito di Voci dal lager
Come al solito, i giornalisti sono di un'ignoranza abissale! Come fa Cazzullo a scrivere (per poi venir ripreso pedissequamente da altri gazzettieri suoi pari) che quella dei deportati politici è una "storia dimenticata" qui riproposta per la prima volta... E le ricerche già uscite, se le è scordate o bellamente le ignora? Tanto più che i numeri da lui forniti sono ESATTAMENTE quelli ricavati dal I volume del Libro dei Deportati (Mursia, Milano, 2009): "circa 24.000" il totale (là si dice 23836), 1500 le donne, 10.000 i caduti. Cifre ricavate quindi da un'opera preesistente. Che sarebbe corretto citare. Ma l'Italia è il paese dei furbi, sempre. PS: va da sé che Mario Avagliano non c'entri, egli è persona corretta e son sicuro che nei dibattiti darà a Cesare quel che è di Cesare.
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RispondiEliminaGli studi e le ricerche condotte da Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia, Francesco Cassata, Giovanna D’Amico, Giovanni Villari nei tre volumi “IL LIBRO DEI DEPORTATI”, sono senza retorica, le documentazioni più esaurienti finora mai pubblicate. Anni di ricerche, ancora in atto, in archivi di tutta Europa, non possono assolutamente essere esclusi dal circuito didattico nello studio dei Politici internati nei Lager nazisti. Altresì, bisogna responsabilizzare chi, pubblicamente, e quindi chi si rivolge alla massa dei propri lettori, di informarsi adeguatamente, prima di intraprendere conclusioni insensate e fuorvianti. Concludo ricordando anche, fra i capolavori della Storia contemporanea, il volume di Liliana Picciotto “IL LIBRO DELLA MEMORIA”.
RispondiEliminaInfine, senza togliere a Mario Avagliano il suo impegno ammirevole per far conoscere a tutti, alcuni frammenti della nostra storia, non mi rimane di complimentarmi e augurargli un proseguo in nome dei molti che non hanno avuto voce - perché deceduti – in nome della libertà. Grazie Mario
Maurizio Agostinelli www.lager.it