giovedì 31 maggio 2012

Quel Montezemolo partigiano dimenticato

La biografia sull'eroe della Resistenza
di Maria Rosaria Iovinella

 Un libro che alla storiografia italiana mancava, quello di Mario Avagliano, storico e giornalista, autore di Il partigiano Montezemolo. Storia del capo della resistenza militare nell'Italia occupata, edito da Dalai (416 pagine, 22 euro). La biografia ripercorre la sensazionale vicenda storica di Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, il colonnello di origine piemontesi e di nobili natali, già ufficiale dello Stato maggiore dell’esercito, segretario particolare di Badoglio, dopo il 25 luglio 1934, che svolse un ruolo fondamentale come leader del Fronte militare clandestino di Roma, guidando la resistenza moderata e di stampo monarchico. Fino all’arresto e alla tragica fine per mano nazista nel massacro delle Fosse ardeatine, il 24 marzo 1944. L’opera si inscrive nel progetto storiografico di Avagliano che, solo dal 2009 a oggi, ha messo in fila Gli internati militari italiani, Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia e Voci dal lager, scritti per Einaudi con Marco Palmieri.


TESTO ARRICCHITO DALLE TESTIMONIANZE DI FAMIGLIA

 Eppure, come dichiarato dallo storico, l’esaustivo volume è figlio di una serie di guizzi estemporanei che hanno saputo trovare le tempistiche e i modi per ricongiungersi organicamente, in un libro anche toccante nella descrizione dei travagli vissuti dal protagonista e complesso dal punto di vista bibliografico, ma non privo anche di calore, colore.
Lo puntellano infatti le ricerche di archivio, i documenti, l’apparato iconografico ma soprattutto le testimonianze della famiglia, vero baluardo della scelta volontaristica di Montezemolo, da quando è entrato in clandestinità, nel settembre 1943, per poi ricevere il 10 ottobre dal Comando Supremo, con un radiomessaggio in codice, l’incarico di guidare la resistenza militare romana, quale titolare dell’Ufficio di collegamento con gli uffici di Brindisi.

Il racconto di un personaggio rimasto nell'ombra per quasi 70 anni
 


Lo spunto dello storico nasce dalle ricerche che ha condotto per scrivere un libro sulla figura di Sabato Martelli Castaldi, generale di brigata aerea, a sua volte antifascista, morto alle Fosse ardeatine. E nei documenti e nelle lettere, ecco allora apparire la figura di Cordero di Montezemolo. Un’occasione unica, vista la negligenza di una certa storiografia, che traduce una mole di lavoro di anni.
Oltre a rompere il velo su un personaggio rimasto nell’ombra per quasi settant’anni, il libro esalta l’apporto moderato di molti soggetti alla vicenda della Resistenza, troppo spesso appiattita, anche come memoria, su una sola versione degli eventi. La vita e le opere di Montezemolo rispecchiano bene un’Italia in cui fare revisionismo sul fascismo era possibile, e continuare a servire il Paese pure.
A patto però di voler abdicare non alle convinzioni personali - rimase sempre monarchico e anticomunista - ma alle speculazioni ambigue e personalistiche sui potenziali riposizionamenti politici nel panorama post bellico. Una forza possibile solo grazie a una forte coerenza e consapevolezza di sé, in un ambiente particolare, quello militare, segnato da sentimenti votati al peggio dell’umano: rancore, invidia, sospettosità, carrierismo e vigliaccheria.
 

UN FRONTE DALLA PARTE DELLA FAZIONE MONARCHICA. L’azione del Fronte clandestino militare era certo proiettata in avanti, perché al momento della transizione prevalesse comunque il fronte monarchico, e non ci fossero sorprese in materia di ordine pubblico e presa del potere da parte del partigianato comunista. Una prospettiva forse falsata dall’idea che il cambio di potere e di assetti fosse imminente, grazie a una movimentazione rapida del fronte alleato. E invece no.
L’investimento totale di energie, di contatti, di stima, da parte del nobile piemontese andò perso. E così anche il ruolo di cerniera tra mondi, le scelte di intelligence, il carisma speso per cooptare soggetti che diversamente, anche per disperazione, avrebbero solo alimentato le file della Rsi. Montezemolo dovette abdicare alla cattura, il 25 gennaio 1944. In un biglietto dagli arresti, scrisse: «Confido in Dio, però occorre aiutarsi». Una frase certo permeata di cattolica fede, ma anche un invito all’azione e alla responsabilità, in un Paese dove ancora oggi non è mai saggio delegare o aspettare solo che passi la notte.

(Lettera 43, martedì 29 maggio 2012)

Nessun commento:

Posta un commento