di Mario Avagliano
C’è un ritorno del centro cattolico anche nella storiografia? Il nesso con la “salita” in campo di Mario Monti è casuale, ma in effetti tra gli storici si registra un rinnovato interesse per alcuni personaggi centristi, allievi di quell’Alcide De Gasperi al quale si richiama il professore della Bocconi. Due figure in particolare, che hanno segnato la storia italiana, sono finiti di recente sotto le luci dei riflettori: Paolo Emilio Taviani e Oscar luigi Scalfaro.
Il genovese Taviani, il cui padre Ferdinando militava nella Dc di Romolo Murri e nel Ppi di don Luigi Sturzo, maturò l’opposizione al fascismo all’interno dei giovani universitari cattolici della Fuci, fino all’adesione alla Resistenza. L’incontro con De Gasperi convinse il giovane brillante docente, titolare di ben tre lauree (giurisprudenza, scienze sociali e lettere), a dedicarsi anima e corpo alla missione di unire politicamente i cattolici per renderli protagonisti del futuro del Paese, come si racconta nel libro «Paolo Emilio Taviani nella cultura politica e nella storia d’Italia» (Le Mani, pp. 325, euro 19), a cura di Francesco Malgeri e con contributi di vari studiosi.
Un’interessante mostra al Museo Storico della Liberazione di via Tasso, aperta al pubblico fino al 5 marzo 2013 e intitolata «Il partigiano Pittaluga», nome di battaglia di Taviani, illustra con immagini e documenti anche inediti le varie fasi dell’esistenza del grande politico, che fu membro della Costituente e più volte ministro, soffermandosi in particolare sul periodo della Resistenza. «Taviani guidò l’insurrezione di Genova contro i nazifascisti – spiega il curatore Antonio Parisella – memore dell’avvertimento mazziniano sul pericolo della libertà avuta in dono. Fu lui a scrivere materialmente il proclama per l’insurrezione e a comunicare alla radio la liberazione della città da parte dei partigiani».
Nella vita politica di Taviani, che fu anche presidente del Museo di via Tasso, vi sono alcuni episodi significativi: il suo no al governo Tambroni con i voti del Msi, la sua iniziativa nel 1973 quale ministro dell’Interno di promuovere lo scioglimento d’autorità di Ordine Nuovo, il sostegno a Moro e all’apertura al centrosinistra e la partecipazione il 25 aprile 1994, dopo la vittoria di Berlusconi, quale oratore ufficiale alla grande manifestazione indetta dalle organizzazioni resistenziali.
Un altro allievo di De Gasperi fu il novarese Oscar Luigi Scalfaro, altro membro dell’Assemblea Costituente che partorì la carta costituzionale, primo capo dello Stato della Seconda Repubblica e anche lui non sospettabile di simpatie verso Berlusconi. È uscita in questi giorni in libreria la sua prima biografia: «Scalfaro. L’uomo, il presidente, il cristiano» (Edizioni San Paolo, pp. 268, euro 19). L’autore Giovanni Grasso ha ricostruito mirabilmente la vicenda di questo esponente dc, al quale De Gasperi in una delle sue ultime lettere scrisse: «perché non ci diamo del tu se ci vogliamo tanto bene?».
Scalfaro fu sicuramente un arcicattolico. Fu il suo vescovo ad insistere perché il giovane magistrato si presentasse alle prime elezioni dopo il fascismo. Ma fu anche un politico laico, convinto della netta separazione tra Chiesa e Stato. Un episodio raccontato da Grasso è illuminante a tal proposito. Siamo nel 1987. De Mita fa sapere a Scalfaro, ministro dell’Interno, che il suo passaggio al ministero dell’Istruzione sarebbe stato molto gradito dal Vaticano. La risposta di Scalfaro è: «In Vaticano ci vado solo per la Messa… nutro tutto il rispetto per vescovi e cardinali, ma escludo che debbano essere inseriti in queste faccende».
Per questo motivo Scalfaro negli anni della Seconda Repubblica non ebbe timore a schierarsi contro la linea della Cei, tracciata dal cardinale Camillo Ruini, che, preso atto della fine della Dc, affermava un equilibrio tra i due poli, ma praticava una vicinanza con quello guidato da Silvio Berlusconi. Una posizione di laicità che, afferma nella prefazione il ministro Andrea Riccardi (che, oltre ad essere un apprezzato storico, è uno dei protagonisti del nuovo centro montiano in formazione), lo portò a scontrarsi frontalmente con la Segreteria di Stato della Santa Sede, guidata dal cardinale Angelo Sodano, e non a avere remore, lui che era stato un fiero anticomunista, nel dare per la prima volta nella storia d’Italia ad un ex pci, Massimo D’Alema, l’incarico di formare il governo.
(Il Messaggero, 5 gennaio 2013)
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