LA
BIBLIOTECA
di Giorgio Dell'Arti
Soldati di stanza in Africa
Assalto. «Caro
Mario, con ogni probabilità domani mattina all'alba si va all'assalto; se la va
bene sarà una magnifica esperienza di vita, se la va male farò la morte più
bella che un italiano di vent'anni oggi possa fare» (lettera al fratello del
lombardo Cesare Tosi, caduto a vent'anni in Albania, il 20 gennaio 1941).
Lettere. Durante il primo anno di guerra, 9.285.000 lettere.
Censura. Gli
uomini impiegati a controllare la corrispondenza esaminavano mediamente 150-200
lettere al giorno.
Tipologie. Le lettere potevano essere bollate come
"ammesse in corso", "ammesse in corso dopo censura
parziale", da "sequestrare", da "incriminare".
Cretino. Scrive il capitano Luigi Guerrieri Gonzaga dell'artiglieria a cavallo
il 21 febbraio 1942: «Mi secca molto che un cretino di censore abbia
sporcacciato tutta una mia lettera per te; deve essere un gran fesso quel tale
e gli farebbe bene un po' di Russia vorrei ritrovarlo quando rientreremo in
Patria. lo sono sicuro di quanto scrivo; non metto mai nulla che possa anche
lontanamente servire di indicazione o comunque essere "pericoloso"».
Familiari. I soldati, soliti rassicurare i propri familiari attraverso formule
ricorrenti: «Sto bene», oppure «Non pensate a me» spesso accompagnate da
invocazioni di tipo religioso.
Mussolini. Dal 1941, «Mussolini non lo sa» o «se
la sapesse Mussolini».
Negroidi. I «maledetti» inglesi, gli americani
«negroidi» e «dediti al vizio», i russi «senza Dio», gli arabi «sporchi e rozzi».
Inglesi. Gli inglesi, «i maledetti figli di Albione», «vigliacchi e farabutti»,
«soldati dai cinque pasti e dalla pancia troppo piena», «audaci fresconi che
l'illusione ha voluto per un po' vittoriosi».
Tedeschi. Da una relazione del
Comando generale dei Carabinieri del maggio 1941: «Negli ambienti militari la
soddisfazione per i nostri successi viene sensibilmente temperata dalla
considerazione che molto si deve all'apporto dato dalla potente azione delle
forze tedesche».
Rapporto. Dalla lettera alla famiglia di un militare temano di
stanza in Africa, datata 24 febbraio 1942, che di fronte alla richiesta di
redigere un rapporto sul morale delle truppe, dopo aver lamentato che il
partito chiede il pagamento della tessera anche ai militari richiamati e inviati
al fronte, così si sfoga: «Vengano un po' a domandare ai nostri soldati ed
avranno una risposta più che esauriente. È naturale che il rapporto non potrà
che dire le solite cose; ma vengano pure tra i soldati e sentiranno. Posta che
non arriva, pacchi che sono in giro da mesi e di cui non si ha notizia; se
qualcuno ne arriva è ridotto al solo involucro; giornali che vengono
distribuiti una volta al mese; un pasto al giorno, cotto al mattino alle io e
mangiato alle 2 del pomeriggio. Tutto questo potrebbero rispondere i nostri
soldati se venissero interrogati; ma siccome non lo saranno mai, tutto questo
rimane sconosciuto e si parlerà soltanto dello spirito di sacrificio e del
morale altissimo del soldato italiano».
Guerra. «Inutile andare in giro raccontando
che la guerra fu voluta dal solo Mussolini e non dall'Italia. Certo il popolo
italiano non volle la guerra, se si intende tutto il popolo. Ma i generali, gli
ammiragli, i grossi industriali, gli alti burocrati, i senatori, i deputati, i
professori d'università, i vescovi, gli arcivescovi, i cardinali, tutto quel
lerciume accettò la guerra, e parecchi altri la vollero finché credettero che
l'avrebbero vinta dato lo sfacelo militare che era già avvenuto in Francia e
che si prevedeva imminente in Inghilterra [...] Bisogna, dunque, smetterla con
questa balla che l'Italia non è responsabile» (Gaetano Salvemini, Lettera a E.
Rossi e L. Valiani, io agosto 1946).
Notizie tratte da: Mario Avagliano e Marco
Palmieri, Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte 1940-1943, Il Mulino,
Bologna, pagg. 376, euro 25,00
(Il Sole 24 Ore, Domenica, 29 marzo 2015)
Nessun commento:
Posta un commento