«America profonda» di Alessandro Portelli (Donzelli, pp. 540, 35 euro) è uno straordinario spaccato di una comunità di minatori nell’Harlan County diventata il simbolo del movimento sindacale statunitense e delle sue battaglie per affermare i diritti civili e sociali della classe lavoratrice. Una controstoria degli Stati Uniti, dalla frontiera a oggi, attraverso un solo, simbolico luogo: Harlan County, Kentucky, al centro della regione mineraria dei monti Appalachi.
Da Harlan la storia degli Stati Uniti è passata tutta quanta: i reduci della guerra d'indipendenza, i pionieri, la frontiera, la schiavitù, la guerra civile, le faide e il whisky clandestino, l'industrializzazione e la deindustrializzazione, la distruzione delle antiche foreste, il colonialismo interno di un capitalismo senza scrupoli, le più violente e memorabili lotte sindacali dal 1917 alla fine degli anni ottanta, l'immigrazione (anche italiana) e l'emigrazione, il movimento per i diritti civili, i disastri ambientali delle miniere a cielo aperto, l'epidemia della droga - tutto sulle spalle e sulla forza di resistenza della sua gente.
Harlan è dunque un luogo intensamente reale, ma anche intensamente immaginato: c'è Harlan nei libri di Theodore Dreiser e John Dos Passos, nei film di Robert Mitchum e Barbara Kopple, nelle canzoni di Pete Seeger e Woody Guthrie, persino nei fumetti di Al Capp. Ed è un luogo di straordinaria creatività narrativa, musicale, linguistica, e di ostinata memoria.
Una controstoria raccontata da Alessandro Portelli secondo la pratica della storia orale, come un montaggio di voci che ci accompagnano nel profondo delle miniere, nelle vite di chi nelle miniere lavora, vive e muore, e nelle vite delle donne che tengono in piedi le famiglie e le comunità.
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