di Mario Avagliano
I rapporti tra Israele e la sinistra italiana hanno vissuto nel dopoguerra alti e bassi. Durante il periodo della Resistenza e nei primi anni della Repubblica, socialisti, azionisti e comunisti tifarono apertamente per Israele. D’altronde numerosi ebrei militavano nelle file dei partiti di sinistra, da Umberto Terracini (presidente dell’Assemblea Costituente) a Leo Valiani ed Emilio Sereni. E così, quando il 7 gennaio 1946, il motoveliero «Enzo Sereni», carico di ebrei, prese il largo dal porto di Vado Ligure in direzione della Palestina (il viaggio illegale era stato organizzato dal Mossad le Aliyà Bet), a scortarlo sul molo c’erano gli ex partigiani che avevano combattuto in montagna e nelle città.
I rapporti tra Israele e la sinistra italiana hanno vissuto nel dopoguerra alti e bassi. Durante il periodo della Resistenza e nei primi anni della Repubblica, socialisti, azionisti e comunisti tifarono apertamente per Israele. D’altronde numerosi ebrei militavano nelle file dei partiti di sinistra, da Umberto Terracini (presidente dell’Assemblea Costituente) a Leo Valiani ed Emilio Sereni. E così, quando il 7 gennaio 1946, il motoveliero «Enzo Sereni», carico di ebrei, prese il largo dal porto di Vado Ligure in direzione della Palestina (il viaggio illegale era stato organizzato dal Mossad le Aliyà Bet), a scortarlo sul molo c’erano gli ex partigiani che avevano combattuto in montagna e nelle città.
Nel dopoguerra il Pci stampò
dei manifesti in cui veniva raffigurata una nave in rotta verso la Palestina,
in cui si invitavano militanti e simpatizzanti a raccogliere fondi a favore
degli ebrei e, nel 1948, dopo la nascita di Israele, Terracini chiese
immediatamente - a nome del suo partito - il riconoscimento del nuovo Stato da
parte dell’Italia. Il leader del Psi Pietro Nenni, dal canto suo, esaltava i
kibbutz come esempio di socialismo realizzato. Poi però, a partire dal 1952,
l’appoggio acritico dell’Urss alla causa palestinese, provocò un brusco
mutamento nelle posizioni della sinistra italiana, in particolare del Pci, che
culminarono nel 1967 con la condanna della “guerra dei Sei giorni” e
proseguirono negli anni seguenti, trovando una sponda nel Psi di Bettino Craxi
e nella stessa Dc, schierati apertamente su posizioni filo-arabe, e un argine
soltanto nei repubblicani di Ugo La Malfa e nel partito radicale di Marco
Pannella, portabandiera delle ragioni di Israele.
La storia dei rapporti tra Israele e sinistra (ma anche delle difficoltà che ebbero gli ebrei che militavano in quello schieramento politico, divisi tra la fedeltà ai partiti e l’identità sociale e culturale) è oggetto di un bel libro di Matteo Di Figlia, che esce in questi giorni: Israele a sinistra. Gli ebrei nel dibattito pubblico italiano dal 1945 a oggi (Donzelli). Un racconto che arriva fino ai nostri giorni, con la svolta filoisraeliana della sinistra riformista, dovuto all’intelligenza di uomini come Piero Fassino, responsabile esteri del Pci, che recuperò quello strappo, ma anche al lavoro di presa di coscienza svolto dall’intellettuale torinese Angelo Pezzana – come ha giustamente rilevato Paolo Mieli, recensendo il volume sul
Corriere della Sera – e all’orgogliosa rivendicazione dell’appartenenza all’ebraismo da parte di un gruppo di intellettuali di sinistra (da Natalia Ginzburg ad Anna Foa, passando per Furio Colombo, Mario Pirani e Fiamma
Nirenstein), all’indomani del tragico attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982, nel quale perse la vita il piccolo Stefano Gay Taché. Anche se nella sinistra, specie quella estrema, ancora oggi certi riflessi condizionati nei confronti di Israele sono duri a morire.
(L'Unione Informa, 22 maggio 2012)
La storia dei rapporti tra Israele e sinistra (ma anche delle difficoltà che ebbero gli ebrei che militavano in quello schieramento politico, divisi tra la fedeltà ai partiti e l’identità sociale e culturale) è oggetto di un bel libro di Matteo Di Figlia, che esce in questi giorni: Israele a sinistra. Gli ebrei nel dibattito pubblico italiano dal 1945 a oggi (Donzelli). Un racconto che arriva fino ai nostri giorni, con la svolta filoisraeliana della sinistra riformista, dovuto all’intelligenza di uomini come Piero Fassino, responsabile esteri del Pci, che recuperò quello strappo, ma anche al lavoro di presa di coscienza svolto dall’intellettuale torinese Angelo Pezzana – come ha giustamente rilevato Paolo Mieli, recensendo il volume sul
Corriere della Sera – e all’orgogliosa rivendicazione dell’appartenenza all’ebraismo da parte di un gruppo di intellettuali di sinistra (da Natalia Ginzburg ad Anna Foa, passando per Furio Colombo, Mario Pirani e Fiamma
Nirenstein), all’indomani del tragico attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982, nel quale perse la vita il piccolo Stefano Gay Taché. Anche se nella sinistra, specie quella estrema, ancora oggi certi riflessi condizionati nei confronti di Israele sono duri a morire.
(L'Unione Informa, 22 maggio 2012)
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