venerdì 3 giugno 2011

Viva l'Italia! di Cazzullo fa il tutto esaurito anche al teatro

Viva l'Italia! di Aldo Cazzullo, dopo il successo in libreria (centomila copie già vendute), registra il tutto esaurito anche al teatro. Lo scorso 2 giugno all'Auditorium di Roma c'era gente in piedi a vedere lo spettacolo tratto dal libro di Cazzullo e moltissimi hanno dovuto rinunciare per mancanza di posti a sedere. Il giornalista e scrittore piemontese, trapiantato a Roma, ha fatto sapere che presto sarà prevista un'altra rappresentazione, in una sala ancora più grande.
Lo spettacolo, al quale hanno assistito tra gli altri Francesco De Gregori e Dario Franceschini, è stato commovente. Alla fine tutti gli spettatori si sono alzati ed hanno lungamente applaudito Aldo Cazzullo e gli attori del Teatro Stabile di Verona, che ha prodotto la pièce.
Vi propongo l'articolo di Cazzullo che spiega il senso dello spettacolo e un mio post nel quale sostengo che il giornalista del Corriere è il vero anti-Pansa della storia contemporanea...
Buona lettura
 Il mio post: "Cazzullo, l'anti-Pansa della Resistenza e del Risorgimento"


I romani (e le romane) che fecero l'Italia

di Aldo Cazzullo

Care lettrici,
cari lettori di Roma,
vorrei farvi un invito.
Domani, 2 giugno, alle 18, al teatro studio dell'Auditorium va in scena «Viva l'Italia». È lo spettacolo teatrale che lo Stabile di Verona ha tratto dal mio libro. II modo di raccontare - attraverso le voci degli attori, le tele del Risorgimento, le fotografie della Grande Guerra, i video della Resistenza – le storie di uomini e donne (tantissime donne) per cui «viva l'Italia!» sono state le ultime parole. Le musiche vanno dai canti risorgimentali a Francesco de Gregori - che sarà presente in sala -, da «Addio mia bella addio» al «Cuoco di Salò» e ovviamente «Viva l'Italia».
La pianista del conservatorio di Verona Sabrina Reale accompagnerà le letture, e all'inizio suonerà l'inno di Mameli. A Este, ad Abano, a Verona, a Venezia, in tutto il Nord-Est tutti, compresi molti leghisti, si sono alzati in piedi a cantarlo.
Sono certo che lo faranno anche coloro tra voi che vorranno accogliere il mio invito a festeggiare il 2 giugno ascoltando la storia dei nostri padri e delle nostre madri che sono morti gridando «Viva l'Italia».
Vi confesso che all'inizio ero piuttosto perplesso. Quando Paolo Valerio, che dello Stabile di Verona è direttore e già aveva portato a teatro «Outlet Italia» accostandolo al «Viaggio in Italia» di Piovene,  mi ha proposto di trarre da «Viva l'Italia» un testo teatrale corredato da musiche e immagini, sono stato contento ma anche un po' preoccupato. Non si trattava certo di trasformarsi in attore.
Gli attori dello spettacolo sono altri: oltre a Paolo – che con la sua voce ha incantato in particolare le signore siciliane a Palermo, Marsala, Messina, Catania, Ribera, Taormina... Michele Ghionna, che di solito recita Shakespeare nella parte di Romeo, e Marianna Dal Collo, attrice italo danese che a teatro è stata Ofelia, Desdemona, Giulietta e ora sarà Colomba Antonietti e Cleonice Tomassetti, eroine del Risorgimento e della Resistenza. Si trattava però di salire sul palco e commentare i vari brani, raccordandoli l'uno all'altro, spiegando le varie storie, e le tesi del libro: la Resistenza non è una «cosa di sinistra» ma fu fatta anche dai militari, dai carabinieri, dai sacerdoti, dagli ebrei, dagli alpini, dalle donne; il Risorgimento non è una «cosa da liberali» ma vide l'intervento del popolo, come dimostrarono i romani che difesero sulle barricate la Repubblica del 1849; e oggi – nonostante leghisti e neoborbonici - l'idea di patria è più forte di ieri, il tricolore, l'inno di Mameli, il Vittoriano sono di nuovo simboli importanti, e noi italiani siamo più legati all'Italia di quanto amiamo riconoscere.
Devo dire che la perplessità è stata vinta dall'accoglienza del pubblico. Quando si presenta un libro in modo tradizionale, in sala di solito l'età media supera i 102 anni e gli sbadigli non mancano.
Uno spettacolo teatrale è un modo diverso, molto più coinvolgente ed emozionante emozionante, di parlare di un libro, di raccontare storie. L'accoglienza del pubblico dovunque mi ha davvero commosso. A Firenze, a Palazzo Vecchio, la notte bianca del 16 marzo, davanti a mille persone. A Roma, nel teatro Ambra alla Garbateila, il 17 marzo. E' nata quella sera l'idea di tornare nella capitale, il 2 giugno, per un pubblico più vasto, all'Auditorium.
Nel frattempo siamo stati un po' in giro per l'Italia, compresa la città in cui sono nato, Alba, e quella in cui sono cresciuto, Torino. AI Salone del libro c'erano le telecamere di Raistoria di Giovanni Minoli. Che domani torneranno, all'Auditorium, per riprendere l'intero spettacolo, che diventerà anche un dvd.
Sarà insomma un pomeriggio speciale. Anche perché da quindici anni la mia città è Roma. E domani cercherò di raccontare in particolare anche storie di romani e di romane.
«Gli italiani non si battono» disse sprezzante il generale francese Oudinot, agli ambasciatori della Repubblica del 1849; ebbene, si batterono talmente bene, i romani e i patrioti venuti da tutta Italia, che il primo giorno sotto Porta Cavalleggeri i francesi persero 500 uomini, e dovettero fare arrivare di corsa rinforzi da Parigi. Ascolteremo storie di donne come Colomba Antonietti, vent'anni, trasteverina, che cade combattendo vestita da uomo accanto al marito, un conte che per aver infranto le leggi del tempo e aver sposato una popolana era finito in carcere; e lei Io ricambia morendo al suo fianco, in difesa della Repubblica (lui vivrà ancora una vita lunga, ma non si risposerà più). Di uomini come Carlo Orelli, l'ultimo fante della Grande Guerra, romano della Garbatella, morto a 109 anni circondato dall'affetto del suo quartiere. E di sacerdoti come don Giuseppe Morosini, di cui Sandro Pertini ci ha lasciato un ritratto straordinario, che leggeremo domani: «Detenuto a Regina Coeli sotto i tedeschi, incontrai un mattino don Giuseppe Morosini. Usciva da un interrogatorio delle Ss. II volto tumefatto
grondava sangue, come Cristo dopo la flagellazione. Con le lacrime agli occhi gli espressi la mia solidarietà. Egli si sforzò di sorridermi e le labbra gli sanguinarono. Nei suoi occhi brillava una luce viva; la luce della sua fede. Benedisse il plotone d'esecuzione dicendo ad alta voce "Dio, perdona loro, non sanno quello che fanno" come Cristo sul Golgota. Il ricordo di questo nobilissimo martire vive e vivrà sempre nell'animo mio».

(Corriere della Sera, 1° giugno 2011)

Nessun commento:

Posta un commento