di Andrea RossiLa prima riflessione che ci è sovvenuta nel leggere questa pregevole biografia (Mario Avagliano, Il partigiano Montezemolo, Milano, Dalai, 2012) dedicata a Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo è il lasso temporale trascorso dall’esecuzione per mano nazista dell’alto ufficiale del regio esercito e l’uscita del volume: sessantotto anni. In sostanza, per conoscere nel dettaglio la vita di uno dei protagonisti della resistenza militare nel corso dell’occupazione tedesca c’è voluto lo stesso tempo che separa il 1848 dalla prima guerra mondiale; sarebbe (più o meno) come se di Goffredo Mameli o Luciano Manara si fosse timidamente iniziato a sapere qualcosa grazie agli studi di Benedetto Croce sulla storia d’Italia. Ci troviamo insomma di fronte a uno dei numerosi esempi, forse il più grave, del silenzio imbarazzato e imbarazzante che regna quasi ovunque negli studi resistenziali sul ruolo (spesso determinante) che ebbero i militari delle forze armate regolari nella guerra di liberazione.













